Espandi menu
cerca
Soul Kitchen

Regia di Fatih Akin vedi scheda film

Recensioni

L'autore

giancarlo visitilli

giancarlo visitilli

Iscritto dal 5 ottobre 2003 Vai al suo profilo
  • Seguaci 19
  • Post 2
  • Recensioni 452
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Soul Kitchen

di giancarlo visitilli
8 stelle

La musica é il cibo dell’anima, grida Zinos, il giovane proprietario del “Soul Kitchen” (titolo di una canzone dei Doors, che dà il titolo al film, anche se non è stata inserita in esso: “Da sola costava come l’intera soundtrack”), un ristorante del quartiere Wilhelmsburg di Amburgo, che abbina musica soul, funk e rebetiko a piatti non proprio raffinati, tuttavia amati dagli avventori della zona. Attorno a Zinos e al suo locale ruota un universo di personaggi, che praticamente contengono un po’ tutte le tipologie umane, a prescindere dalle razze: lo squinternato, personificato dal fratello Ilias, ex detenuto in libertà vigilata che fa finta di lavorare nel ristorante; la frigida fidanzata Nadine, che sta per trasferirsi a Shanghai; l’affascinante cameriera Lucia e l’anziano costruttore di barche Sokrates, accampato nel magazzino del locale. Uno strappo muscolare alla schiena, costringe Zinos ad assumere un nuovo chef, l’intollerante Shayn Weiss: cultore della buona cucina. Questi elimina dal menu i fishburger, la pizza surgelata, l’insalata di patate, ecc., per introdurre piatti più sofisticati. I clienti abituali però sembrano non gradire la novità, tant’è che il ristorante finisce per svuotarsi. Nonostante le difficoltà economiche, Zinos rifiuta l’offerta di Neumann, un agente immobiliare che vorrebbe comprare il locale. La lungimiranza di Zinos sarà premiata, perché il “Soul Kitchen”, di lì a poco si riempirà di nuovi clienti, che oltre ad apprezzare i piatti di Shayn, accompagnano i loro pasti con i concerti e la musica rock del cameriere Lutz. Questi ingredienti faranno del “Soul Kitchen” uno dei locali più alla moda di Amburgo. Tutto durerà fino a quando Zinos cederà il locale all’inaffidabile fratello Ilias per raggiungere Nadine a Shanghai. Una serie di eventi sembrano far precipitare tutti i buoni propositi. Bisognerà nuovamente darsi da fare per unire le forze, con l’aiuto degli amici, per salvare definitivamente il ristorante e continuare ad ‘impastare’ una serie di buoni sentimenti che renderanno il soul di tutti più armonico. Non ci vorrà molto se il ‘buon cibo’ di cui ci si nutre sta fra le prelibatezze musicali, che spaziano dal funky di Kool & The Gang e Quincy Jones, alle sonorità Rithm and Blues di Sam Cooke e Ruth Brown, passando per il rock, l’hip-hop e la musica greca, non trascurando l’elettronica, le canzoni popolari di Hans Albers e il soul vocale di Louis Armstrong. Soul Kitchen, che all'ultimo Festival di Venezia ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria, è un film per l’orecchio e per il palato. Il regista ha affermato che “Le tracce che ascoltiamo nel film sono state un accompagnamento continuo anche durante la sua realizzazione: volevamo che la macchina da presa fosse musicale”.

Ma questo è anche un film sull’integrazione, non solo perché è corale e nella sua grazia contiene ogni specie di ‘razza’ umana. Il locale diventa come quel mondo che tutti sogniamo: in cui è possibile sempre ‘aggiungere un posto a tavola’; accogliente, perché in esso l’unico linguaggio che unifica è quello musicale. I sapori, gli amori e i profumi si confondono e si consumano sotto gli occhi di tutti. E’ come se tutti un po’ volessimo rimanere per sempre in quel locale, allo stesso modo di ciò che cantava Jim Morrison: “Let me sleep all night in your soul kitchen”. 

Il regista tedesco di origine turca, autore di pellicole molto apprezzate dalla critica internazionale (La Sposa Turca, Orso d’Oro berlinese 2004; Premio per la migliore sceneggiatura internazionale conseguito a Cannes 2007 con Ai confini del paradiso) convince soprattutto nella sua capacità di dirigere gli attori e nella scrittura dei suoi film, quello a cui dovrebbe guardare il nostro cinema italiano, che in fatto di sceneggiatura pecca un bel po’. Quasi non si può credere a quanto ha affermato Akin: di aver scritto la sceneggiatura in cinque giorni. Si tratta di una scrittura che tocca tutti i generi: dalla commedia, il grottesco, il sentimentale, in mezzo il demenziale, fino al genere drammatico. L’amicizia, l’amore e la nostalgia senza alcuna retorica, fra il riso, il sorriso e la disperazione. Tanto bello da perdonargli l’happy end. Trattandosi di soul, anche questo ci sta.

Giancarlo Visitilli

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati