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Il cattivo tenente. Ultima chiamata New Orleans

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su Il cattivo tenente. Ultima chiamata New Orleans

di FilmTv Rivista
6 stelle

New Orleans dopo l’uragano Katrina. Devastazione e fango, per mesi. Speculatori edilizi con la bava alla bocca. Corruzione che si infiltra come acqua. Il “cattivo tenente”, per un irrisolvibile problema alla schiena, cammina come il gobbo di Notre Dame, sguazza nel marciume, sniffa cocaina, fa il ruffiano con Eva Mendes, ruba prove scottanti, minaccia testimoni, quasi accoppa una vecchietta paralitica, perde migliaia di dollari alle corse, fa il gradasso con la gente sbagliata. Però è un bravo detective, per questo gli affidano un caso scottante, la cui soluzione potrebbe cambiargli la vita. L’unica parentela del film con il capolavoro di Abel Ferrara è nel titolo, per il resto solo pallide analogie. Manca l’aspetto religioso, fulcro dell’odissea di Harvey Keitel, e manca soprattutto Harvey Keitel. Seguendo Nicolas Cage così conciato non si sa se ridere o piangere, ma il vero problema sta nel manico. La sceneggiatura, per esempio. Scritta malissimo da William M. Finkelstein, piena di inverosimiglianze narrative, di quelle che giustifichi se il livello è metafisico (come in Ferrara) ma non se vuoi fare un poliziesco con risvolti e colpi di scena da fiction Tv. E poi, la regia. Che ci sia davvero Werner Herzog dietro la macchina da presa importa poco, perché tanto nessuno se ne accorge. Che abbia accettato di essere coinvolto in questo assurdo progetto per pagarsi la spedizione in Patagonia o assicurarsi il final cut del film successivo (My Son, My Son, What Have Ye Done?), più personale, va anche bene. Ci può stare. Parliamo di uno dei maggiori cineasti del mondo. Ma non basta la pseudo soggettiva di un alligatore per conferire a una storia di serie C un minimo di stile. La rabbia maggiore, però, è per lo spreco del contesto. Ma come: spostano la storia dalla Big Apple alla Big Easy e quasi se ne fregano? La città dove è nata Cosa Nostra, dove James Lee Burke ha scritto romanzi durissimi e di impressionante bellezza, solcata da una violenza metaforica, e raccontano di cattivi da barzelletta? Incredibile.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 36 del 2009

Autore: Mauro Gervasini

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