Regia di Jonathan Mostow vedi scheda film
Il Florilegio di citazioni di questo film è apparente: in realtà l'idea sfruttata è soltanto quella di Matrix, quella di una mente umanamente biologica che si trova a vivere le emozioni di un suo avatar, solamente che qui non si parla di un universo riprodotto ma del mondo vero e proprio popolato da perfette unità sintetiche. Al pari di Matrix, poi, sussiste un connubio tra umano e umanoide dimodochè è possibile morire in seguito alle sventure della propria copia.
I limiti di una vita sintetica, fatta di plastica chip e transistor e di una perfetta ed inattaccabile estetica vengono sbrigativamente affrontati da Bruce Willis nel rapporto problematico con la moglie. Un B.W. che ha buon gioco ad apparire del tutto ombroso e monocorde, compito semplice per un attore che sembra vivere un lungo crepuscolo ed una lunga depressione, vero e propri fil rouge dei suoi ultimi film. Ma se la mancanza di ironia può essere del tutto scusabile e anche adatta ad un film basato sulla mancanza di umanità, l'assenza di una sapiente orchestrazione delle scene d'azione è imperdonabile. Il film scivola via tra una situazione e l'altra che risultano montate con la stessa triste piattezza di Willis. L'ironia sembra tuttavia esistere, ma è prodotta al di fuori della vicenda rappresentata: l'enfatizzazione dei limiti estetici delle persone in carne ed ossa risulta quantomeno patetica soprattutto quando si rappresentano i "veri" come nevrotici, afflitti da obesità ed incanutiti da calvizie; la riproposizione di un Bruce sintetico con bionda chioma può farci ritornare ai tempi di "Moonlighting", quindi ad un salutare escape.
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