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Drag Me to Hell

Regia di Sam Raimi vedi scheda film

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La recensione su Drag Me to Hell

di munnyedwards
6 stelle

Le unghie sporche e quasi in decomposizione sono un presagio nefasto tanto lampante quanto sfuggente, tamburellano sul tavolo di una giovane e (molto) ambiziosa impiegata di banca che alzato lo sguardo si trova davanti una vecchia zingara con un occhio solo e una dentiera malferma, tutto di lei fa ribrezzo.

La gitana piagnucolosa vuole tenersi la casa anche se da tempo non paga e chiede l’ennesima proroga del mutuo, la giovane e carina Christine (Alison Lohman) sarebbe anche disposta a fare la sua buona azione quotidiana ma poi pensa che in ballo c’è il posto di vicedirettore della filiale e quindi è meglio mostrarsi risoluti e pensare agli interessi propri e della banca.

Inutile dire che la malefica vecchiaccia non la prende affatto bene e dopo averla aggredita gli lancia una terribile maledizione, un demone della tradizione gitana (il Lamia) la perseguiterà per tre giorni e poi si prenderà la sua anima, letteralmente.

 

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Fin dai tempi de La Casa è apparso chiaro a tutti che la visione horrorifica di Sam Raimi si reggeva su una forte componente ironica, una contaminazione talmente fondamentale nella sua interpretazione del genere che oltre a portargli un meritato successo lo ha reso uno dei cineasti più originali di sempre, se guardi un horror di Raimi te ne rendi conto dopo pochi minuti, il suo marchio di fabbrica è unico e inimitabile.

Drag me to Hell ha il pregio di segnare un ritorno alle origini del suo cinema e una ritrovata libertà creativa, il film arriva dopo la trilogia di Spider-man che per quanto ben riuscita (+/-) lo aveva di fatto ingabbiato nei recinti delle grosse produzioni e degli inevitabili compromessi.

In questa pellicola non abbiamo niente di tutto questo, è un Sam Raimi che cavalca a briglie sciolte trascinandoci in un trip visivo folle e senza freni, sequenze assurde che spaventano e allo stesso tempo divertono, il regista propone una clamorosa alterazione del reale che trascina lo spettatore in un universo fantastico dove tutto e possibile.

La storia non presenta nessun aspetto di particolare richiamo, un racconto se vogliamo molto classico che in parte ricorda un ottimo romanzo di Stephen King scritto con lo pseudonimo di Richard Bachman (L’occhio del male), c’è una zingara ripugnante interpretata da Lorna Raver (vera protagonista del film) che lancia una maledizione, un demone che tormenta la protagonista e la stessa che cerca di uscire viva dall’incubo.

 

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Appare evidente che Raimi si trovi perfettamente a suo agio nel mondo contaminato e profondamente anarchico che mette in scena, si diverte come un bambino (e noi con lui) nel proporre una sarabanda di sequenze spettacolari che spaventano e allo stesso tempo fanno sorridere, che disgustano e terrorizzano, il righello sputato come una freccia, il sangue spruzzato a ettolitri nella banca (povero direttore), la mosca nello stomaco e nella mente con il suo orrendo zzzzzzzz, la vecchia che perde fluidi anche dopo morta e che strappa i capelli della povera Lohman con crudele perseveranza.

E poco importa che il finale sia forse prevedibile, in fin dei conti quello che davvero conta è la cattiveria di un “happy end” assolutamente azzeccato, perché dietro al gioco visivo e allo spettacolo travolgente non manca una riflessione critica sulla società contemporanea e sulla morale sempre vinta dagli interessi personali.

Al tempo della sua uscita il film fu un discreto successo al botteghino ma da allora il buon Raimi sembra essersi perso per strada, il suo ritorno nei recinti delle major con Il grande e potente Oz non sembra avergli portato molto bene, il mio auspicio è che possa presto tornare a fare il cinema che più ama.

Voto: 7

 

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