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Whiteout. Incubo bianco

Regia di Dominic Sena vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Whiteout. Incubo bianco

di M Valdemar
4 stelle

dominic (dis)sen(n)a(to)! che oscenità c’inscena? che gli è pigliato? ma che incapace!
Voglio con ciò, senza che il lettore o altri o il diretto interessato si sentano offesi o anche solo turbati, affermare: ha la fortuna di trovarsi tra le mani quel portento d’incanto e grazia che è Kate Beckinsale - autentica manifestazione della selvaggia bellezza e della maestosa meraviglia della Natura (a cui non è possibile - né è concesso - abituarsi!) -, e il suddetto che fa? ci “costruisce” (a voler esser generosi) intorno un filmetto qualsiasi, banale e pure talvolta insulso! E no, non si fa … ma qual in(s)etto! Al rogo! Al rogo!
Tra l’altro aveva la concreta e “gustosa“ (ed oltretutto facile) possibilità di unire, di fondere, di far “corrispondere”, in una celestiale ed orgiastica esaltazione della magnificenza della poesia, l’inebriante e melodiosa visione beckinsaliana con l’abbagliante e desolante vastità della regione antartica, “lussureggiante” deserto dominato da un avvolgente ed ”avvampante” biancore. Un incommensurabile trionfo multisensoriale, da contemplare estasiati e da temere allo stesso tempo.
Missione (in)naturalmente fallita.
Insensato Sena! Anche in chiusura, nella scena finale, con la protagonista che, per la prima volta nella sua vita, ammira quell’incredibile e strabiliante evento che è l’aurora astralis, lo sciagurato regista, anziché cercare di creare un armonioso “ritratto” contrapponendo/sovrapponendo quei due fenomeni di rara intensità eccitante, non trova di meglio che svilire il tutto con un’incosciente didascalia che recita: “directed by Dominic Sena”! E certo, e vantiamocene pure!
Inoltre, l’insano Sena non riesce assolutamente, manco per sbaglio, a rendere l’infinita seduzione ed (im)pura immensità emozionale né la stravolgente minacciosità dei prodigiosi e sbalorditivi panorami polari; come, invece, si potrebbe ammirare nei migliori (e nei peggiori) documentari, che siano di Discovery Channel, o Superquark, o fate voi.
D’altronde l’osceno Sena, che aveva all’esordio ben fatto sperare con il discreto Kalifornia (anche per via di un azzeccato cast composto di autentiche facce “grunge“), è “autore” di robaccia da pattumiera (indifferenziata) quali Fuori in 60 secondi e L’ultimo dei templari (entrambi, guarda caso, con Nicolas Cage …), con nel mezzo il più che sopravvalutato Codice: Swordfish.
Ma i “meriti”, ovviamente vanno spartiti.
La (fu) gloriosa ed infallibile creatività della fabbrica hollywoodiana è in una (apparentemente irreversibile) crisi mistico/esistenziale dagli obnubilanti e perversi connotati; mollemente adagiata, com’è, su un putrescente tappeto (la cui alta densità di nodi sta ineluttabilmente producendo un aberrante groviglio gravido di regredente “ansia da prestazione“), fluttuante in un oceano di venti devia(n)ti verso un assuefacente oligopolio artistico/produttivo. Sostanzialmente, sta inabissandosi in un oscuro vuoto pieno di remake, seguiti (di seguiti di seguiti …), ruberie assortite, penosi adattamenti (perlopiù da fumetti), blockbuster e via discorre(ggia)ndo.
Questo film, Whiteout, è un banalissimo e malfatto thriller e, quod erat demonstrandum, basato sull’omonimo comic book di fine anni novanta (a firma Greg Rucka e Steve Lieber). Una deriva che sembra non conoscere soste né fini né fine, ma sfinente.
Un’insipida trama tinta di color giallo tisico, d’intossicante e infestante mediocrità, che vorrebbe, con l’inconsueta ambientazione, rivestirsi d’un tono capace di accendere interesse e vantare quel pizzico di originalità necessaria all’estrema aspirazione: l’incasso al box office. Tentativo spirato.
Indizi (pateticamente) disseminati qua e là e colpi di scena intuibilissimi e malamente svolti [ora, senza svelare alcunché, è sufficiente dare una rapida occhiata al cast per indovinare con sicurezza chi è il cattivo], atti, nelle intenzioni, a costruire il classico impianto narrativo del poliziesco (il crimine, le indagini, i depistaggi, l’insospettabile villain, la soluzione del mistero), assicurano invece l’ennesima insignificante pellicola del genere. E la messa in scena è piatta, involuta, con sequenze action (non molte, comunque) effimere, stancamente realizzate.
Inutile poi attendersi un minimo di approfondimento dei personaggi, anzi, questo è probabilmente l’aspetto peggiore del film: da quelli secondari, semplici figurine manovrate da pupari in stato di alterazione mentale, a quelli principali, ridicoli nella loro rappresentazione, che è, o eccessivamente semplicistica e approssimativa (lo sceriffo; il dottore) o intrisa d’una deprimente incongruenza (il pilota Haden; Price, l’agente investigativo dell’ONU -??-).
A dimostrazione di ciò basta prendere la protagonista, emblema forte di un (per nulla ragionato) “assemblaggio” di tutti i (peggiori) cliché del genere, riuniti come pezzi di un farneticante puzzle: Carrie Stetko, agente federale che svolge le funzioni di sceriffo in una base di ricerca scientifica statunitense - una che si occupa al massimo di sciocchezzuole tipo furtarelli di campioni di cannabis -, si trova, nell’imminenza di una tremenda tempesta (la Whiteout del titolo), a doversi occupare del primo caso di omicidio nella storia dell’Antartide. Ebbene, lei che in quel remoto luogo ghiacciato si era “autoesiliata”, punita per sfuggire ad un passato doloroso (l’uccisione di un collega che l’aveva tradita - come narrato attraverso abbondante abuso dei soliti flashback -), dovrà quindi affrontare le proprie paure ed angosce per poter risolvere il caso … Riuscirà a farlo, o soccomberà?
E, soccomberà lo spettatore dinanzi a cotanta idiozia? No, ma solo perché c’è la Beckinsale, e per lei val (sempre!) la pena vedere qualsiasi roba(ccia)! Anche perché, mentre tutti gli altri attori s’adeguano al livello (scarso) del film, lei è l’unica del cast a mostrare un minimo d’impegno e bravura, oltroché infondere un’”esagerata” attrazione, come un bicchiere di whisky invecchiato dieci anni con ghiaccio di un milione di anni … infuocante!!

Sulla trama

agghiacciante

Su Dominic Sena

Ostenta senilità. Fosse narcolettico?

Su Kate Beckinsale

“Per noi non sei creatura della terra,
perché angelica è la tua forma!
noi pensiamo tu sia figlia del cielo,
dove mai la tempesta

sciupò il fiore perfetto luminoso,
dove tutto è bellezza, tutto è pace,
e sabbie d'oro dichiarano l'ora
che non porta alcun male."


[tratto da “To -“ di Edgar Allan Poe]

Su Gabriel Macht

Insignificante presenza.

Su Alex O'Loughlin

Ha il physique du rôle, vero, ma è tramortito da una sceneggiatura simpatica come una lastra di ghiaccio che s’abbatte sulle parti intime.

Su Tom Skerritt

Sprecato. S’aggira con aria perplessa ma con pancia piena. E ad un certo punto deve pure amputare due dita della mano a Kate Beckinsale ...

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