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A Serious Man

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su A Serious Man

di cheftony
8 stelle

“But… This is life. You have to see these things as expressions of God’s will, you don’t have to like it, of course.”
“The boss isn’t always right, but he’s always the boss.”
“Ha ha, that’s right! Things aren’t so bad! Look at the parking lot, Larry! Just look at that parking lot.”

 

 

Larry Gopnik (Michael Stuhlbarg) è un professore universitario di fisica, un tranquillo uomo di famiglia ebreo, come tanti nella sua comunità. In un momento della sua vita apparentemente roseo e ordinario, in cui ha buone speranze di diventare docente di ruolo e suo figlio Danny (Aaron Wolff) sta per ricevere il bar mitzvah come da tradizione, appare un primo fulmine a ciel sereno: sua moglie Judith (Sari Lennick) vuole il get, un divorzio rituale, in modo tale da potersi risposare con Sy Abelman (Fred Melamed), un amico di famiglia.
Larry comincia pian piano a realizzare di non avere alcun controllo su quel che gli succede intorno, a cominciare dai suoi cari: Danny fuma marijuana e ascolta musica rock di nascosto alla scuola ebraica, la figlia Sarah (Jessica McManus) gli ruba soldi per rifarsi il naso, il fratello Arthur (Richard Kind), da lui ospitato sul divano, è disoccupato e riempie un taccuino con una mappa delle probabilità dell’Universo.
Sul piano professionale le cose non vanno meglio: uno studente di origine coreana tenta di corrompere Gopnik per avere un voto sufficiente, mentre l’università riceve lettere anonime che denigrano il professore affinché non ottenga il posto di ruolo.
Una volta invitato dalla moglie e da Sy a lasciare la sua casa, Larry accetta, sgomento e arrendevole: comincia qui la sua trafila di visite ad un amico avvocato per il get e dai tre rabbini di riferimento per capire qual è il senso delle sue sventure. La sua fame di risposte gli farà ottenere un consiglio strampalato, una parabola avulsa, un diniego e una vita sempre più demolita…

 

“I don’t want it to just go away, I want an answer!”
"Sure! They all want the answer! Hashem doesn't owe us the answer, Larry. Hashem doesn’t owe us anything. […]"
“Why does He make us feel the questions if He’s not gonna give us any answers?”
“He hadn’t told me!”

 

 

“A Serious Man” è stato definito il meno intelligibile tra i film dei fratelli Coen e – va detto – a ragion veduta, anche se Joel e Ethan si sono concessi più del solito a interviste chiarificatrici. È importante contestualizzare e sottolineare l’ambientazione: un sobborgo di Minneapolis, un Midwest di periferia infarcito di ebrei nel 1967, i cui canti liturgici stavano per essere contaminati dall’avvento dei Jefferson Airplane, di Jimi Hendrix, della marijuana.
Un film d’umorismo sardonico sugli ebrei, dunque, ma solo su un certo tipo: quelli del contesto in cui i Coen, a loro volta allevati secondo la religione ebraica e figli di due docenti universitari, sono cresciuti. Il terreno viene subito preparato con un prologo totalmente estraneo alle vicende del povero Gopnik: inventato di sana pianta e recitato in yiddish, ritrae una storiella ebraica in funzione introduttiva al mood prevalente del film. Mood pienamente catturabile ed interpretabile solo da chi ha vissuto questa realtà: per questo motivo, il cast è composto prevalentemente da attori ebrei, senza grandi nomi. Michael Stuhlbarg è un protagonista eccezionale, ma le spalle non sono da meno, soprattutto Richard Kind e Fred Melamed.
“A Serious Man” non è la messa in scena di Josef K. né di un moderno Giobbe massacrato da Dio per testarne la fede, anche se il paragone è stato suggerito da più parti; Larry Gopnik è un ometto razionale e corretto, “un uomo serio” vessato improvvisamente da un’infinita catena di avversità, dalle quali non riesce a trovare conforto in alcun modo, meno che mai nella religione o nei relativi ministri, inadeguati e caricaturali. Il suo status quo, gelosamente protetto attraverso una maniacale attenzione a non far niente di male (“I haven’t done anything!”), crolla di colpo e non c’è rabbino che tenga (udienza): la vita non ha risposte.
I Coen sono ormai estremamente maturi anche come registi, bravi ad incanalare i loro virtuosismi in maniera funzionale; qui, ad esempio, dosano un’enorme quantità di primi piani azzeccatissimi e riescono a fare giochi mirabili col montaggio alternato. Un finale aperto e beffardo chiude un film nerissimo e disperato, immerso in uno scenario di quieta e armonica ironia, che deflagra nelle micidiali sequenze oniriche (sempre care ai fratelli del Minnesota). Non per tutti i palati, non universalmente apprezzato, ma “A Serious Man” è l’ennesimo signor film dei fratelli Coen.

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