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Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film

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La recensione su Agora

di barabbovich
6 stelle

Strana gente, gli americani. Mentre in una mano tengono la Bibbia e nell'altra la pistola, sono capaci di fare cose che non ti aspetti. Come coprodurre questo film (insieme agli spagnoli) che racconta l'epoca in cui, prossimo al disfacimento, l'impero romano guidato da Teodosio diede ai cristiani piena dignità, dopo averli perseguitati per circa 3 secoli. E questi cosa fanno? Da vittime si trasformano in carnefici, massacrando pagani ed ebrei. Al centro di questo diseguale peplum di Amanabar si trova la filosofa e scienziata Spazia (Weisz), che ad Alessandria d'Egitto cerca di salvare le opere raccolte nella biblioteca distrutta dalla furia del fondamentalismo e porta avanti i suoi studi sulle orbite dei pianeti arrivando a un passo dal perfezionare la teoria eliocentrica di Aristarco, abbandonata per secoli, proponendo l'ipotesi delle orbite ellittiche. Trattata come una strega da cristiani che farebbero scambiare i talebani per una disciplinatissima scolaresca, la donna finì lapidata.
Se dal punto di vista dei contenuti dà una certa soddisfazione che qualcuno si prenda finalmente la briga di raccontare la verità storica su come quella comunità monoteista si trasformò nel giro di qualche secolo (qui siamo al IV d.C.) in un branco feroce (basterebbe andarsi a leggere il bel libro di Augias, Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione), sul piano strettamente cinematografico il film soffre i continui cambi di marcia tra le molte scene di massa, peraltro piuttosto suggestive ma al tempo stesso ripetitive, e i momenti in cui si cerca di praticare la dottrina della scienza, il tutto entro il perimetro di un racconto che ammicca al melò sentimentale, con lo schiavo convertito per convenienza (Minghella) e il prefetto (Isaac), suoi ex discepoli, inutilmente impegnati a conquistare il cuore della donna.   

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