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Madre

Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film

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La recensione su Madre

di pazuzu
10 stelle

Reduce dalla parentesi monster movie che, con il sorprendente The Host (Gwoemul), gli ha portato grande successo di pubblico e critica, Bong Joon-ho torna a descrivere la provincia sudcoreana, già protagonista, coi suoi misteri e i suoi misfatti, dell'ottimo Memories of Murder.
Do-joon è il classico scemo del villaggio: ha un deficit cognitivo (e di memoria) e cerca di combatterlo aggrappandosi a tutto ciò che ha, ovvero ad una cerchia di amici (che di fatto lo escludono, con la parziale eccezione del poco affidabile Jin-tae) e soprattutto alla madre, cui lo lega un rapporto morboso ed esclusivo, donna iperprotettiva ed insicura che per campare (di stenti) si guadagna da vivere praticando agopunture senza averne la licenza. E' un'esistenza scura la loro, chiusa e senza slanci, in cui alla di lui infantile incoscienza corrisponde l'apprensione e l'invadenza di lei, costantemente sotto pressione e timorosa che qualcosa o qualcuno possano turbare la quiete di quel figlio sfortunato e incapace di difendersi e rapportarsi secondo le regole del vivere civile. Bong Joon-ho ci introduce immediatamente al loro quotidiano, alla naturale ricerca di Do-joon di farsi accettare dai coetanei, ai suoi scatti di orgoglio (guai a dargli del ritardato) e ai suoi approcci teneramente maldestri con le ragazze, cui fanno da contraltare i timori della madre, la sua ansia e la sua istintiva diffidenza: li descrive mostrando con pudore ed amorevole distacco le abitudini i gesti e soprattutto le inquietudini che riempiono il piccolo universo in cui madre e figlio (soprav)vivono, evitando, attraverso una narrazione rigorosa e non priva di nerissimo humor, facili cadute nel patetismo. Il tutto in 20 minuti che scorrono veloci come un lampo. Ma ciò che fa di Mother un grande film è l'apparente semplicità con cui Bong Joon-ho mantiene tale leggerezza di tocco anche successivamente, anche dopo il verificarsi di un evento destinato a confinare ancora di più madre e figlio nelle rispettive solitudini: Do-joon viene accusato dell'omicidio di una ragazza ed incarcerato con tanto di prove. A difenderlo resta solamente lei che, decisa a scoprire chi l'ha incastrato e a dimostrare a tutti l'innocenza di quel ragazzo così buono ed innocuo, si trova costretta ad improvvisarsi detective nel disinteresse della polizia che considera il caso risolto, della gente del posto che ha già condannato il mostro, e di un cinico avvocato che non ha tempo da perdere dietro al figlio disabile di una madre indigente. Affondiamo così, progressivamente, nell'abisso di disperazione di una donna annichilita, costretta a mettere da parte ogni orgoglio per intraprendere la battaglia più importante che le si possa chiedere: quella in difesa della dignità del proprio figlio. E per vincerla è disposta a tutto, anche ad affrontare il possibile riaffiorare di tremendi ricordi rimossi o verità inconfessabili.
Mother è un crescendo rossiniano di emozioni, un'alternanza (s)costante di speranza e (dis)illusioni che raggiunge l'acme in un finale lunghissimo ma mai eccessivo, straziante e indimenticabile, emozionante e sconvolgente. Servito da una sceneggiatura perfetta, popolato da attori in gran forma (gigantesca la prova della protagonista Kim Hye-ja) e attraversato da una manciata di momenti memorabili (su tutti il dialogo della madre col ragazzo down e la straniante scena finale), Mother è un capolavoro di equilibrio, un film stratificato e profondo che, come un ricordo impossibile da scacciare, si insinua sotto pelle, cresce dentro ed esplode; un film in grado di colpire al cuore e allo stomaco, di scuotere e spostare in avanti i limiti dell'umana pietà.
Mother
è un film forte, destinato a restare. E a consacrare Bong Joon-ho nell'olimpo dei grandi.

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