Regia di Marco Prati vedi scheda film
Benvenuti in una vera e propria rivoluzione digitale. Girata a costi bassissimi, l’opera prima del giovane Marco Prati è il primo esempio italiano di pellicola realizzata attraverso il sistema Digima. Pratica largamente diffusa in America, che garantisce un’ottima qualità anche per film a budget zero. Ma il titolo è originale anche per altre ragioni. Racconta il disagio di un trentenne senza nome che sembra trovarsi a suo agio solo nelle comunità virtuali che popolano Internet. Il suo nick è Hikikomori, termine giapponese usato per indicare una sindrome che colpisce adolescenti e giovani, e che spinge a un progressivo isolamento. Attento a non attribuire tutte le colpe alla tecnologia, il film scolpisce la timidezza. Una vita incanalata e sempre uguale, la solitudine, il lavoro che non c’è e se c’è non gratifica. Il tragitto ripetitivo in metropolitana, un incontro fortuito che può cambiarti la vita. Non è mai facile raccontare l’alienazione, Prati ci prova mettendo poca carne al fuoco (sufficiente per un mediometraggio) e abbandonandosi a un eccesso di jump-cut. Soluzione facile di cui il film abusa, meritandosi comunque un plauso per il coraggio, i silenzi e la freschezza dei temi.
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