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Enter the Void

Regia di Gaspar Noé vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Enter the Void

di ohdaesoo
9 stelle

"Perchè?"
"Perchè avrei paura di cadere nel vuoto" risponde mia sorella sul perchè lei, su quell'aereo, a vedere quanto è bella Tokyo da lassù non ci salirebbe mai.
Nel vuoto devo però entrarci io giusto tra 5 minuti, e quel vuoto, The Void, è il nome di uno squallido locale dove troverò la morte.
Sparato alla schiena attraverso la porta agonizzo nel sangue e nella merda di uno schifoso bagno.
Forse allora il nome di questo lurido locale era un nomen omen che mi avrebbe inghiottito.
Perchè adesso, dopo la morte, entro in un altro di vuoto, in un Nulla che ha la dannazione di sembrar Tutto, vita vera, quella dove facevo finta di sopravvivere prima, pieno di droghe, traumi e dolore.

Ci sono ma non ci sono, posso vedere ma non toccare, pensare ma non decidere, seguire ma non intralciare.
Sono come la telecamera di un film che viaggia sopra i tetti, che sfiora corpi e attraversa muri.
Cosa sono? Uno spirito, una coscienza, un rimasuglio?
Vado a trovare mia sorella nel locale dove si spoglia e la vedo far sesso mentre qualcuno la chiama per dirle che non ci sono più.
Mia sorella, tutto ciò che mi restava...
Siamo bambini sopra un letto, siamo bambini su un'altalena, siamo bambini che giocano, siamo bambini su una macchina con mamma e papà davanti a noi, siamo bambini che quella mamma e quel papà, nell'amen di un faro abbagliante, non ce l'hanno più.





(pe un'ora ho creduto di avere davanti il più bel film che abbia mai visto. Tecnicamente, narrativamente e visivamente un tutt'uno, un'esperienza che nessun'altra pellicola mi aveva regalato prima.
L'uso di tutti i tipi di soggettiva esistenti, quella classica dei primi minuti e di tutti i viaggi "post mortem", la falsa soggettiva che ci strania più di una volta e poi la pseudo soggettiva dei ricordi, quella con la quale ripercorre tutta la sua vita, fino a un bar, fino a un bagno, fino ad uno sparo. 
Addirittura abbiamo la soggettiva della pseudo soggettiva perchè mentre viene usata quest'ultima le palpebre continuano a sbattere. Una cosa mai vista.
Lui che scende le scalette esterne con l'amico. 
E il piano sequenza di lei che scopa col giapponese con quel volo sopra tutta Tokyo che va a cercare l'amico che la chiama per poi tornare su di lei che non risponde, mamma mia, dio mio. La prima ora di Enter the void è il più importante tentativo recente che il Cinema ha fatto di mostrarsi onnipotente. tecnicamente forse la più grande opera moderna. Una fotografia pazzesca giocata sulla psichedelia, sui neon, sulle distorsioni. E quell'uso del montaggio poi, sempre per analogia, dei seni, delle lapidi, delle frasi che tornano, è un montaggio che pare freddo quando freddo non è perchè è il montaggio dell'anima, del cuore, un montaggio emotivo che lega indissolubilmente diversi momenti della propria vita.
 
 
Poi il film si perde.
E per un'ora buona elimina Oscar che diventa solo un occhio che segue la sorella, gli amici, le paure e i dolori che la sua morte ha scatenato. Diventa un thriller come tanti, solo visto da una prospettiva originalissima. Ma il gochino inizia a stancare, le riprese aeree si fanno troppo ripetute, la magia di quel montaggio emotivo della prima ora si perde del tutto.
Noè non ha avuto il senso della misura, ha creato un capolavoro che poi non è rimasto tale perchè ha aggiunto cose per esserlo ancora di più.
Meno male che nell'ultima mezz'ora il livello torna ad altitudini pazzesche.
Uno di quei film che se esistesse una sindrome di Stendhal cinematografica te la farebbe provare più volte.
Sembra di leggere Burroughs, di vedere Lynch, di aver preso noi stessi qualche sostanza.
E tutto fa da tramite tra un ricordo e un altro, tra un luogo ed un altro. Ogni buco, ogni oggetto, ogni piccola cosa diventa portale)
  
 
 
Come questo foro di proiettile sul mio corpo che diventa l'uscita di un tronco dove stavamo giocando insieme.
Come questi fornelli che mi sembrano un mostro in questa casa dove qualcuno sta litigando per me.
Come questo minuscolo feto che non avrà un futuro.
Credo che tutta la nostra vita sia stata decisa in quell'auto dove tu urlavi, straziata.
Tutto diventa quell'impatto, anche solo una discesa di montagne russe.
Siamo morti là anche noi sorella mia, siamo morti là anche noi.
Alex mi aveva parlato di un trip extra corporeo dopo la propria morte.
Che buffo, quel libro aveva ragione.
Ma quel libro parlava anche di reincarnazione, nuova vita.
E questa mia coscienza che vola e va arriva in un hotel che un giorno vidi solo come modellino.
Love. 
Stai facendo l'amore con lui, che buffo, a tratti mi sembrate mamma e papà.
Mamma e papà...
Forse, mamma e papà, potrete esserlo proprio voi, arrivo, aspettami dentro di te.
E una luce bianca mi acceca di nuovo, sto piangendo per quella cosa strana chiamata vita, per quel mistero insondabile che ho già vissuto.
Tutta quella cosa che sta in mezzo tra il trovarsi attaccato ad un seno e gettato come polvere in un lavabo.

 

 

8.5

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