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Il mio amico Eric

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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La recensione su Il mio amico Eric

di fixer
8 stelle

HO HA, CANTONA!

 

Il titolo originale è LOOKING FOR ERIC e cioè: In cerca di Eric. Chi è costui? E il protagonista, e cioè un postino di mezza età di Manchester. Ma è anche Eric Cantona, ex mito calcistico francese del Manchester United, la squadra per cui il protagonista (ma anche il regista) fa il tifo.

Che cosa cerca Eric, il postino? Forse cerca un po’ di serenità, un lusso che non si può permettere visti i guai che si ritrova. Pare che Eric, il calciatore, uomo e mito, sia in grado, come in una folgorazione, di dargli qualche consiglio utile per ritrovare se stesso e la forza di affrontare la vita con decisione e rinnovato entusiasmo.

Ken Loach, da una vita prende le parti degli emarginati, degli umili, di coloro che la società in qualche modo lascia al margine, un po’ per colpa di loro stessi e molto per colpa di politiche ed istituzioni che ipocritamente asseriscono di aiutare, salvo poi ricacciarli sempre più nel buco da cui tentano disperatamente di uscire.

La forza di Loach sta nel fatto di non minimizzare le colpe dei suoi piccoli eroi quotidiani, fatte di piccoli furti, di scelte affettive sbagliate, di eccessi (alcol e droghe), di indebitamenti sconsiderati, di reazioni esagerate. Ma la sua grandezza sta nel confrontarle con la macchina del Potere e mostrare quanto le vite di questi piccoli protagonisti siano alla mercé di scelte politiche liberiste dissennate (il Thatcherismo ma anche certo Laburismo di Tony Blair).

Nel caso di Eric, il problema sta in un suo imperdonabile errore compiuto anni prima, quando, preso dall’ansia di non farcela, ha abbandonato la moglie e la figlia appena nata. Da allora, la sua vita è stata una china. Anche un successivo matrimonio è andato a rotoli e ora si trova in casa due figliastri con cui (uno in particolare) non va d’accordo. In più Sam, la figlia che egli ha abbandonato, ora gli chiede di tenerle la bimba per un’ora al giorno. Infine, per farla completa, suo figliastro si è messo con una banda di criminali spietati e dalla quale non riesce più a staccarsi.

La via d’uscita che Loach (e il suo sceneggiatore preferito, Paul Laverty) trovano è quantomeno bizzarra ma anche curiosa.

Il gioco del calcio, come si sa, è uno sport che in Inghilterra viene snobbato dalla upper e dalla middle class (salvo poi, ad ogni vittoria di squadre di club o della Nazionale, gioire scompostamente come gli altri). Resta il terreno favorito della classe meno avvantaggiata, e cioè (ma non solo) operai, piccoli artigiani e commercianti, proletari che cercano il proprio riscatto sociale identificandosi con i colori della squadra del cuore. Un po’ come avviene da noi e in tanta parte del mondo.

Questo film ha il merito di dare dignità al calcio e ai suoi tifosi coinvolgendoli in una comunità che, oltre ai soliti cori, sfottò e riti più o meno tribali, è capace di compattarsi anche per realizzare azioni di forte valore morale. Utilizzando il registro drammatico e quello leggero, mescolandoli assieme (con grande sapienza registica), Loach dignifica il calcio, sport per tanti aspetti proletario, per riscattare al tempo stesso un’intera classe sociale e realizzare un’azione di giustizia popolare: punire cioè dei criminali, là dove la legge non è riuscita ad arrivare.

Ora è più agevole capire il significato del titolo. In effetti, la ricerca di Eric è la ricerca di se stesso, quella che il suo amato mito omologo calcistico (Eric Cantona)gli suggerisce. Cercare ( e trovare) se stessi è la chiave per vivere in modo soddisfacente la nostra vita. Finora Eric ha vissuto nel desiderio di tornare dalla sua prima moglie, ma lo ha dissuaso l’imbarazzo, la vergogna. Il senso di colpa lo ha costretto ad annaspare, a vivere nell’incertezza, ad accettare compromessi che ne hanno leso la dignità.

La solidarietà dei suoi compagni tifosi, il tifo per la sua squadra del cuore, il bene che ancora gli vogliono i suoi familiari lo aiuteranno a ritrovare le risposte che da tempo cercava.

Contro l’atteggiamento schizzinoso e sdegnoso di molta critica saccente, Loach si prende il gusto di esaltare valori e virtù proletari che si riconoscono in manifestazioni sociali di massa da sempre guardate dall’alto in basso, come il calcio, la birra al pub e la tv.

Spesso, da questo “letame” (a sentire lorsignori) nascono fiori.

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