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Amabili resti

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

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La recensione su Amabili resti

di mc 5
10 stelle

Negli ultimi tempi mi sono forse abituato troppo bene. Ho visto nelle ultime settimane alcuni film clamorosamente belli e quella parte di me che vive di buon cinema ne ha tratto grande giovamento e soddisfazione. E adesso, dopo la settimana in corso in cui le uscite sono numerosissime ma di scarsa rilevanza, già siamo pronti ad accogliere i Maestri: Eastwood, Burton, Scorsese. Speriamo di farcela a reggere tante emozioni a distanza così ravvicinata. Voglio dire: certi film hanno bisogno del loro tempo, specie se sono capolavori, per essere "metabolizzati", e quando le uscite "importanti" sono a getto continuo, forse c'è il rischio di non tributare la giusta attenzione a certe opere. E, nella categoria "capolavori", possiamo senz'altro catalogare anche questo stupendo "Amabili resti", film semplicemente meraviglioso, e per il quale l'attesa si era fatta spasmodica. Peter Jackson. A questo punto si rende necessaria una premessa, giusto per chiarire il mio atteggiamento nei confronti del "maestro" neozelandese. Dico subito che il mio interesse verso la saga del "Signore degli Anelli" è prossimo allo zero, tant'è vero che vidi solo il primo capitolo (peraltro annoiandomi parecchio). Però c'è un'altra faccenda, non da poco. Appartiene alla filmografia di Jackson nientemeno che il "film di culto" della mia vita, o comunque il numero uno dei miei cult-movies: "Creature del cielo" (anno 1994). Anzi, ad esser proprio sinceri, pochi anni prima, nel 1986, un'altra pellicola aveva sconvolto la mia fragile personalità di giovanissimo cinefilo, il francese "Betty Blue" con una devastante Beatrice Dalle. Due film accomunati dal fatto che mi tolsero entrambi il sonno per qualche notte. Il motivo per cui "Creature" mi impressionò tanto era una somma di diversi elementi per lo più emotivi, forse perchè fece irruzione con tutto il suo carico di potente suggestione in un momento particolare della mia vita. Si trattava di una delle prime opere del regista neozelandese; se ben ricordo prima aveva girato solo un horror demenziale che in Italia uscì col titolo "Gli strizzacervelli" e che credo di non essere il solo a non avere mai visto (ammesso e non concesso che sia uscito nelle nostre sale). "Creature del cielo" era un film incredibile, in cui Jackson ci raccontava l'universo parallelo (popolato di pupazzi di plastilina e di tenori italiani che cantavano a squarciagola) in cui le due adolescenti protagoniste si rifugiavano per costruire i loro sogni infantili ed anarchici, un mondo "a parte" inventato per poter sopportare il disagio di quello reale, disagio che accompagnò le due fanciulle verso la follìa estrema di un assurdo gesto finale. Scusate se ho evocato la trama di quel film, ma il ricordo di quell'opera genera in me un'emozione e un pathos a tuttoggi assolutamente intatti. Allora potremmo a buon diritto fare una considerazione (che peraltro non ha alcuna pretesa di originalità, dato che la si può cogliere in quasi tutte le recensioni finora pubblicate). Cioè che Jackson rivela quasi una vocazione a delineare "universi Altri", dalla "Terra di mezzo" al mondo incantato delle due fanciulle che ho appena citato. E adesso ecco questo Cielo luminosissimo e coloratissimo in cui vengono fatte transitare le anime innocenti defunte in un percorso che le farà assurgere al Paradiso. Che dire? Io penso che in questa tendenza di Jackson si possa individuare una personalità amante dei luoghi fantastici creati dalle menti pure e fantasiosamente sfrenate dei bambini; dunque due o tre gli elementi chiave: anarchia, fantasia, purezza. Da notare un concetto che riprenderò più estesamente fra poche righe. Sarebbe forte la tentazione di associare agli elementi appena elencati la parola "spiritualità", dopotutto si parla di creature trapassate che tuttavia non cessano di "vibrare". Ebbene, nulla di più sbagliato. Jackson è regista squisitamente e meravigliosamente LAICO. E quest'ultimo è un discorso che ne accentua la genialità, se pensiamo a come Jackson è riuscito nell'impresa di coniugare con una UMANISSIMA E TERRENA LAICITA' un tema come quello della vita che sopravvive alla morte, tema che implica ed evoca per definizione il senso stesso di Spiritualità e Fede religiosa. La trama del film la conoscerete ormai tutti, e se non avete ancora visto il film (fatelo al più presto!) ne avrete letto senz'altro una sintesi da qualche parte. La storia è introdotta e raccontata dall'Io Narrante di una ragazzina 14enne (Susie) che osserva dall'aldilà il succedersi degli eventi dopo essere stata assassinata da un maniaco. Confesso che questo film ha toccato talmente (fino a lacerarle) certe corde della mia emotività che perfino a riviverlo adesso provo imbarazzo misto ad inquietudine. C'è una frase -la medesima che apre e chiude il film- che mi martella ancora nella testa, ed è una frase che la piccola Susie pronuncia con un distacco e al contempo una soavità che mi fanno stare male. La voglio riportare testualmente. "Mi chiamo Salmon, come il pesce. Di nome Susie. Avevo 14 anni il giorno in cui mi hanno uccisa. Il 6 dicembre del 1973". (Non rammenta anche a voi "Spoon River"?). In quel senso di distacco dalla vita terrena che richiama una inesprimibile STRAZIANTE SERENITA', sta tutta la chiave del film. Cioè lo sguardo quieto e pacificato di chi è sopravvissuto alla morte grazie all'amore e al ricordo appassionato delle persone care lasciate su questa terra. E' un concetto che mi commuove e mi intenerisce, ed è curioso notare la forte originalità nell'esprimerlo -da parte di Jackson- in modalità inedita, cioè sfrondandolo da qualsiasi consueta ottica religiosa. Il che è -se ci pensiamo bene- un ossimoro. Come si può infatti pensare ad un famigliare defunto senza evocare la Fede o i principi della Cristianità? Eppure Jackson ci riesce, e lo fa seguendo un percorso intrigante e sublime. Ad alimentare infatti la voglia di sopravvivere a sè stessa della povera Susie, è dunque il calore e l'immenso affetto che il padre, la madre, la nonna e la sorellina continuano a riversare su di lei. Come a voler affermare con prepotenza che "SOLO CHI E' DIMENTICATO MUORE PER SEMPRE". E' quasi come se fra la piccola Susie scomparsa e il padre ci fosse un velo sottilissimo che li separa, come se un comune senso d'Amore orientasse, sincronizzandoli, i movimenti di entrambi: lui quaggiù e lei lassù. E questo è talmente vero che sono più d'uno i momenti del film in cui i due, in una ricerca impossibile l'uno dell'altra, paiono sfiorarsi ed essere ad un passo dallo stabilire un improbabile contatto fisico. C'è una frase significativa che Susie pronuncia, riferendosi al suo assassino, vicino di casa afflitto da turbe pedofile: "non aveva fatto i conti fin dove può arrivare l'amore di un padre per la propria figlia". Ma in realtà le frasi di Susie che ho conservato nella memoria sono tante e tutte rese ancor più emozionanti da questo singolare mix che la anima, tra una pacatezza espressiva e uno status di Innocenza che potrebbe anche far parlare di "Santità". Ma c'è un attimo in cui un moto di rabbia incontenibile le sfugge dal petto e rivolgendosi ad una sua nuova amica "cinesina" che conosciuto in quel "Limbo", ella sbotta: "Ma che cosa sono diventata io adesso???!!...la ragazza morta?...la ragazza perduta?...la ragazza scomparsa?". Apro una piccola parentesi che chiuderò subito. E' singolare come un piccolo dettaglio lega questo film ad un altro che ho visto pochi giorni prima, il bellissimo "Lourdes". Sì, okay, i discorsi che potremmo fare associando le due pellicole son ben altri ed attinenti alla Religiosità, alla Fede e alla Speranza, ma io qui voglio segnalare qualcosa di molto più prosaico e banale. Sia la Christine di "Lourdes" che Susie hanno un dettaglio materiale che le accomuna: un cappello! Christine ha un buffo berrettino rosso che non si toglie praticamente mai. Susie invece ha un rapporto controverso con una cuffia che la madre stessa le ha confezionato: quella cuffia diventerà muta testimone delle sue ultime tragiche ore, un simbolo di morte che finirà sepolto nel fango con qualche macchia di sangue. Quel berrettino rosso e quella cuffia insanguinata resteranno per sempre archiviate nel mio personale immaginario cinematografico. Spesso si usa dire "attori in parte" o espressioni tipo "cast azzeccato". Queste formulette paiono addirittura superate per un film in cui tutti gli attori sono talmente "dentro" i personaggi che, onestamente, non riuscirei ad immaginare un "Amabili resti" con altri attori. Pare quasi che l'autrice del romanzo originario abbia costruito la vicenda pensando a "quei volti". A costo di dilungarmi, non posso trattenermi dall'omaggiarli uno per uno. E cominciamo proprio dalla superba protagonista, Saoirse Ronan. La sua è una interpretazione da acclamazione! Saoirse è l'incarnazione perfetta di questo fiore di ragazza, un fiore calpestato e umiliato, ma che parte da quella dolorosa esperienza per costruire qualcosa di nuovo. Lei è incredibile, ed incredibili sono quei suoi due occhi sgranati sul mondo. Osservarli è un piacere, sia quando essi esprimono la gioia incontenibile del primo appuntamento appena fissato col "fidanzatino", sia quando ci restituiscono il terrore di chi è preda del lato più bestiale dell'essere umano. Quegli occhi sono troppo belli per essere di questa terra...che Saoirse sia una "Creatura del Cielo"? E che dire di Stanley Tucci? A parte che la candidatura all'Oscar è strameritata, posso solo aggiungere che questa sua performance resterà negli Annali del Cinema. Nel suo tratteggiare questo personaggio immondo e davvero inquietante, avendone una cura dei dettagli che toglie il fiato, Tucci va oltre la perfezione e realizza il sublime. Per me che prediligo un cinema d'Attori, vedere come usa gli occhi o come cammina, è uno spettacolo senza uguali. E la notte degli Oscar il mio tifo sarà tutto per lui. Susan Sarandon qui è in veste assolutamente inedita, credo che non l'abbiamo mai vista così. E' una signora in età matura che fuma come un turco ed è sempre attaccata alla bottiglia, una nonna sopra le righe e sboccata, ma col cuore d'oro. Il suo è un ruolo in fondo ridotto, ma la sua zampata è da vecchia leonessa ancora capace di ruggire alla grande! Rachel Weisz è una mamma come tante, premurosa e protettiva, che viene centrata in pieno da una disgrazia che piegherebbe chiunque, quando apprende che la sua piccola Susie è sparita, probabilmente vittima di un'aggressione violenta. Lei cede, le crollano i nervi, al punto che si allontana perfino da casa e dal marito, ma poi -anche grazie ai buoni auspici della sua Susie che dall'aldilà "indirizza" il corso degli eventi- recupera sè stessa e il suo solido legame col marito, che peraltro in realtà non era mai venuto meno. Un cenno a quella che è stata per me la vera sorpresa del film, la giovane Rose McIver, graziosissima e molto brava, nel ruolo (importante) della sorella minore di Susie. Rose, fra l'altro, è protagonista della sequenza più tesa ed ansiogena del film, di cui parlerò fra poco. E per ultimo ho tenuto apposta quel "testone" (in senso buono!) di Mark Wahlberg. Sul vecchio Mark ci sarebbero fiumi di cose (alcune non tanto belle) da raccontare, ma siccome lo spazio è poco vi invito a consultarne la (incredibile!) biografia sul sito MyMovies (per dire: è uno che da ragazzino ha quasi ammazzato due persone, poi ha fatto il muratore, poi il cantante pop, ha vissuto a lungo nel culto fanatico del proprio corpo e -proprio così- del suo "attributo"....insomma un personaggio "variopinto"). Curiosamente, Mark da una parte ha caratterizzato la sua carriera con ruoli "muscolari" da giustiziere e da vendicatore, eppure è stato scelto con determinazione da cineasti del calibro di Shyamalan e addirittura Scorsese. La verità è che si tratta di un artista che ha bisogno di essere diretto da bravi regisiti che sappiano tirare fuori le sue indubbie potenzialità. Personalmente, per dire, mai avrei immaginato che questa specie di "Rambo" mi avrebbe un giorno spezzato il cuore nel ruolo di un padre straziato dal dolore e che va cercando ovunque, spingendosi ai limiti della follìa, qualche segnale della sopravvivenza della figlia, magari in un luogo sospeso tra cielo e terra. Nel film le sequenze memorabili non mancano, ma ce ne sono un paio che, almeno per chi come me le ha vissute con gran coinvolgimento, sono a rischio tachicardìa. Una è la scena in cui Stanley Tucci, il disgustoso pedofilo, attira con l'inganno la piccola Susie nella sua tavernetta sotterranea. Lì vediamo un ambiente addobbato con candele e statuine che pare quasi l'ideale per un rito voodoo e che definire inquietante è un pallidissimo eufermismo. E poi c'è la scena in cui la sorellina di Susie penetra di soppiatto nell'abitazione del maniaco-Tucci: ecco, qua davvero non ci sono parole. Quei 5 minuti scarsi sono talmente densi di ansia e di senso del thriller, da lasciare senza fiato...una roba stre-pi-to-sa!! Un breve cenno alla colonna sonora che riflette l'eccellenza del suo illustre curatore: Brian Eno. Per chiudere vorrei riprendere un tema importante cui ho accennato prima. Il Cielo raffigurato da Jackson e in cui stazionano le giovani anime pure come Susie in attesa di essere traghettate verso il Paradiso, in realtà è un Cielo senza Dio. E anche l'agognato Paradiso non sembra presentare simbolismi divini. La mia impressione è che Jackson abbia voluto rappresentare una "vita dopo la morte" che nulla ha a che fare con la Chiesa, ma che, al contrario, evoca un aldilà profondamente laico, dove a dominare non sono i dettami della Cristianità ma la fantasìa più anarchica e la vitalità più fresca ed esuberante. Esattamente come quelle ragazzine che corrono libere per i prati. E questo discorso va collegato anche al forte legame tra i vivi e i morti. Coi morti che sono "alimentati" nel loro percorso ultraterreno dal ricordo affettuoso dei parenti vivi. E questi ultimi, a loro volta, nei loro gesti quotidiani sono "ispirati", quasi "orientati", dai defunti. E' chiaro che non stiamo parlando di accreditate teorie filosofiche-teologiche, che qui alla base c'è solo un romanzo best-seller. Tuttavia questo ossimoro di una Spitualità Laica, per lo meno come ce lo racconta Peter Jackson, possiede un fascino che non può non suggestionare. Faccio dunque mia la conclusione della recensione di Cristina Borsatti su Film Tv, quando afferma che ci sono due parole che sintetizzano il valore di questo film: Potente ed Unico. Voto: 10

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