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Segreti di famiglia

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su Segreti di famiglia

di giancarlo visitilli
6 stelle

La falena intrappolata dalla luce della lampadina, dell’inquadratura iniziale, è l’emblema del nuovo  e bel film del regista di Apocalypse Now e di altri capolavori della storia del cinema mondiale, Francis Ford Coppola. Altrettanto lo è lo sguardo di Tetro, che segue la vita e la morte della falena.

Siamo nella Buenos Aires di oggi, dove il giovane diciassettenne Bennie è alla ricerca del fratello maggiore, Angelo ribattezzatosi Tetro, che dieci anni prima ha abbandonato la famiglia, emigrata dall’Italia in Argentina e  trasferitasi a New York, per seguire Carlo, un padre crudele e autoritario e famoso direttore d’orchestra. Quando Bennie ritrova il fratello, questi non è più come quella figura di fratello idealizzata nella sua infanzia, molti anni prima, per cui non riceve da lui una grande accoglienza. Tetro é un uomo freddo e autodistruttivo. Per cui, non sentendosi affatto accolto, Bennie si aggrappa alla fidanzata del fratello, Miranda, e conosce alcuni amici della coppia: José, Abelardo e Josephina. Ospitato nel loro piccolo appartamento, nel quartiere bohemien di La Boca, Bennie trova gli enigmatici scritti di Tetro, in cui il fratello rivela il vero motivo del suo allontanamento dalla famiglia. Senza farsi scoprire da lui, Bennie decide di trascriverli e di sottoporli alla celebre Alone, un’affermata critica teatrale e mentore di Tetro. Questo è solo l’inizio della fine del film.      

Film molto personale di Coppola, sebbene non autobiografico, che a differenza di altri suoi lavori celebri, Il padrino (tratto dall’omonimo romanzo di Mario Puzo) o Apocalypse Now (da Cuore di Tenebra di Joseph Conrad), qui propone una storia originale, scritta durante il montaggio di Un’altra giovinezza (2007), ma nella mente del regista già nei lontani anni ’70, anni che gli regalarono ben 4 Oscar e la fama mondiale. Il suo è uno sguardo assolutamente personale sulle rivalità in una famiglia in cui tutti lottano per poter emergere. Come, allora, non pensare ai figli  Sofia e Roman, alla sorella Talia Shire, ai nipoti Nicolas Cage, Robert e Jason Schwartzman, ma soprattutto allo stesso padre musicista del regista?

C’è tanto cinema che conta in Segreti di famiglia e ci si diverte anche a trovare tutti i riferimenti, nel mentre che Tetro rabbuia la scena, si va da Pedro Almodovar, Elia Kazan, Bresson e Michelangelo Antonioni, passando anche attraverso Godard e Truffaut, con rimandi anche alle rivalità de Il padrino.

Splendida idea quella di illuminare di colore le scene in cui, per mezzo del flashback, si torna al passato. Il tetro del film, quindi, non è solo il personaggio fratello di Bennie, ma si tratta del tetro grigiore di cui la straordinaria fotografia di Mihai Malaimare è densissima. Una fotografia che riesce a far risaltare ed esaltare l’attore, produttore e anche bravo musicista, italo americano, Vincent Gallo, che incarna perfettamente l’angoscia e il tormento di Tetro, i suo repentini cambi d’umore, l’odio e l’amore per il fratello Bennie. I suoi contorni spigolosi, sia quelli fisicamente evidenti, ma soprattutto quelli legali alla sua psicologia, son messi in risalto grazie ai raffinati giochi di luci e ombre della fotografia in bianco e nero, attenta alla composizione di ogni singola inquadratura. Si provi a fare attenzione, per esempio, anche alla sottigliezza dei costumi del fratello Bennie, interpretato dall’esordiente Alden Ehrenreich, viso ancora infantile, giovane, idealista e ingenuo, che porta camicie chiare e leggere, mentre Tetro indossa sempre abiti pesanti e scuri di pelle o di velluto. A fare da trade union fra loro un padre. Proprio come ne Il padrino, con la differenza che in quello ci sono figli che lottano contro l’ingombrante figura paterna, sebbene si tratti di figli che amano papà Corleone, in Tetro non c’è amore. Piuttosto amarezza e rimpianto. Anzi, qui i figli devono lottare contro l’oblio generato da un padre-padrone, non affatto illuminato come persona. Come in un’opera tragica, nell’atto finale, sulle musiche di Osvaldo Golijov (già compositore per Un’altra giovinezza), tra il suono di tanghi, timpani, archi e sax, il padre abbandonerà la scena. E il drammone di Coppola, avrà raccontato di amori, odio, rivalità, segreti, ma senza l’emozione, che stenta ad arrivare. Nonostante ci si ponga più volte dinanzi allo specchio di diverse vite riflesse.

Giancarlo Visitilli

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