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Motel Woodstock

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Motel Woodstock

di alan smithee
6 stelle

Il più americano dei registi dell’Est torna ad occuparsi del recente passato di quegli Usa che dimostra di conoscere e aver assimilato in modo davvero profondo quasi potessero appartenegli nel sangue. E dopo il viaggio intimo nei segreti di due cowboy degli anni ’70, dopo le nevrosi della borghesia di quello stesso decennio così bene raccontato nel sottovalutato Tempesta di ghiaccio, ecco che il regista due volte premio Oscar e Palma d’Oro compie un passo indietro,  almeno a livello temporale, riportandoci a fine anni ’60, per raccontarci in modo brillante e senza falsi pudori, la genesi del concerto più famoso della storia del rock e del pop: una miscellanea di umanità numerosa quanto raramente era successo fino a quel momento, che riuscì ad approfittare di un raduno musicale in una zona rurale fuori da ogni contesto abituale per un certo genere di appuntamenti, per manifestare, pacificamente e senza clamori, ma con la semplicità disarmante dell’entusiasmo giovanile, contro la violenza in tutte le sue misure di rappresentazione, a partire dalla guerra del Vietnam a tutte le altre forme di repressione delle basilari libertà di espressione e di pensiero.
Una manifestazione minata da difficoltà di ogni genere (pure il tempo metereoligico gli si mise contro, in un'ammasso di fanghiglia che tuttavia divenne il simbolo di una difficoltà che creò sodalizi e collaborazioni), ma forte di una folla che ebbe la capacità e la caparbietà di non arrendersi né piegarsi a tutte le forme di dissuasione messe in atto dal solito perbenismo squallido e ruffiano.
Il film concentra la propria attenzione su un ragazzo di famiglia ebrea, tal Elliot Tiber, che gestisce a fatica uno scalcinato motel situato all’uscita dell’autostrada che collega la località rurale sperduta col resto della civiltà. Un padre remissivo e rassegnato e una madre tiranna, irosa e taccagna (E’ la fantastica Imelda Staunton) completano il quadretto di una famiglia bizzarra che tenta in ogni modo di evitare che la banca si porti via il frutto del lavoro di una vita: lo sconquassato alberghetto con piscina che da sempre stenta a decollare nonostante le fatiche del giovane per promuovere iniziative volte ad agevolare l’accesso a nuove forme di turismo nella zona e a reprimere le azioni dirompenti e poco commerciali di una madre davvero poco avvezza alle relazioni commerciali.
Il film, simpatico, brillante e stupendamente ambientato con costumi, pettinature e visi che sembrano davvero usciti da quell’epoca ormai così lontana, accumula e addensa tutta la quantità di girato suddividendo lo schermo in una miscellanea di immagini che documentano le fasi epocali di un concerto rivoluzionario che unì animi e coscienze, facendo emergere ideali utopistici ma in fondo saggi di tolleranza, non violenza e amore libero che scossero e misero davvero paura all’America bigotta e retrograda irriducibilmente puritana e diffidente.
Tra gli interpreti di questa commedia seria ma dai tratti divertenti e divertiti, da cui emergono personalità genuine, simpatiche e sincere appannaggio di attori spesso poco noti, mi piace segnalare l’esilarante performance di Liev Schreiber nei panni di una muscolosa drag queen-guardia del corpo, sensata e giudiziosa quanto sciroccata e colorata, mentre il bravo Emile Hirch presta nuovamente il suo bel volto intenso per esprimere con verosimiglianza gli effetti psicologicamente devastanti delle violenze, fisiche e morali, a cui sono stati sottoposti molti reduci, spesso impossibilitati dalle drammatiche circostanze ed esperienze subite a reintegrarsi in una società che in realtà non li vuole né tollera più. Ma pure Paul Dano, re dei fumatori sciroccati, Mamie Gummer finalmente somigliante alla mamma Maryl Streep di Manhattan, e il bel personaggio serafico di Jonathan Groff, bell'hippie ricco e con conoscenze che, con calma, nervi saldi, savoir faire e faccia tosta nascosta da un visino angelico accattivante, rende possibile il "miracolo epocale di Woodstoock". 

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