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Motel Woodstock

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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La recensione su Motel Woodstock

di Stuntman Miglio
6 stelle

Tre giorni di pace, amore e musica – behind the scenes.
“Motel Woodstock” è una sorta di incrocio fra mockumentary e racconto di formazione. Una ricostruzione romanzata tratta dalla biografia dell’allora giovane protagonista che nel ’69 si trovò inconsapevolmente coinvolto nell’organizzazione del più importante concerto rock di tutti i tempi. Un evento immane, dalla portata planetaria, simbolo di una vera e propria rivoluzione culturale che influenzerà le generazioni a venire. Un affresco corale che Ang Lee decide di affrontare dall’esterno, soffermandosi sulla genesi della manifestazione, sui preparativi, sugli effetti che la stessa ebbe sugli abitanti del posto, passando in rassegna le diverse reazioni ed interpretazioni di alcuni personaggi rappresentativi (il veterano, l’hippie, gli speculatori, i benefattori, giovani in pieno fermento sessuale e così via). Una testimonianza visiva dalla parte dei partecipanti, che non entra mai nel vivo della musica in sé o dello show ma che lo sfiora soltanto attraverso simboli, echi, code infinite e immancabili immagini di repertorio innestate qua e là. Un punto di vista interessante, a tratti anche coinvolgente, ma un tantino edulcorato ed eccessivamente compiaciuto. Lee, del resto, non è che abbia mai brillato per particolare umiltà o sobrietà e qui si permette addirittura un girato in modalità “anacronistica” con ampio uso di split screen, montaggi alternati ed effetti digitali. Diciamo che un omaggio meno patinato e più sanguigno avrebbe reso forse maggiore giustizia all’aria di contestazione del periodo ma, ad ogni modo, il film si lascia guardare senza intoppi, complici le discrete ed eccentriche caratterizzazioni sullo sfondo (Hirsch, Dano, Schreiber e Staunton) ed una colonna sonora ovviamente da urlo.

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