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Departures

Regia di Yojiro Takita vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su Departures

di Enrique
7 stelle

Rendere dignità ad una persona. Darle valore, un’ultima volta.
Oppure “sporcarsi” le mani. Rendersi impuri e sudici. Disonorevoli.
Può il senso di un’esistenza affiorare in un trucco più marcato del solito. In una migliore postura. Nella solennità di un rituale privato? Vanità o devozione. Rispetto o disonore?
Vita o morte?
Vita e morte.
Adagio il film ne ricostruisce la linea divisoria ed essa eleva a crinale sottile della narrazione, nella consapevolezza che è proprio la prossimità con la morte che dà senso e sapore alla vita (Kubritch).
Una consapevolezza che, finanche, allontana le indecisioni in ordine al “mezzo” utilizzato onde mantenere l’equilibrio e preservare suspense e curiosità.
Il mezzo, per l’appunto, ovvero un fine, garbato umorismo. Giocoso ma non farsesco. Ripetuto, ma mai ripetitivo. Cede il passo, solo nel finale, ad un registro già conosciuto (drammatico e toccante al punto giusto).
Una necessità un po’ commerciale - più che un vezzo stilistico - che il pubblico meno disincantato saprà apprezzare.
Un’irriverenza docile che consente al film di farsi beffa, non senza qualche scontata resistenza, dei tabù e delle “superstizioni” sociali che tali sono, a quanto pare, ad ogni latitudine.
Departures è, dunque, un film che ha più meriti che demeriti; ha il coraggio di trattare un tema spinosissimo e, per farlo, si serve di un’ironia affettuosa che suscita un’ilarità composta e liberatoria; che, nel suo piccolo, allevia le ferite dell’ultimo distacco. Un’ironia che racconta le debolezza di un’umanità variegata, divisa su tutto, ma accomunata da un unico destino.
A tal fine, d’altro canto, allunga un po’ troppo i tempi e si affida ad una “forma”, per un verso, non poco “piaciona” e, per altro verso, “vittima” di un’eleganza quasi stucchevole.
Un’eleganza estetica (a partire dalla fotografia “panoramica” di talune scene centrali del film e dalla splendida colonna sonora di J.Hisaishi), nondimeno, indiscutibilmente funzionale a veicolare le commistioni ambiziose di realtà e suggestioni di poesia che plasmano la mission del film.
Oscar al miglior film straniero forse meritato (benché i concorrenti La classe e Valzer con Bashir avessero altrettanti meriti).

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