Espandi menu
cerca
Nemico pubblico. Public Enemies

Regia di Michael Mann vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mc 5

mc 5

Iscritto dal 9 settembre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 1
  • Recensioni 1059
  • Playlist 57
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Nemico pubblico. Public Enemies

di mc 5
10 stelle

Non era facile trasformare una comune "gangster story" in un capolavoro. Solo un regista gigantesco come Michael Mann poteva riuscirci. Con la sua zampata leonina e la sua potenza "definitiva" ha lasciato nella storia del cinema contemporaneo un'altra impronta incancellabile. Fin dalle primissime inquadrature si respira aria di Grande Cinema. E così fino alla parola "fine", senza tempi morti, senza pause o dispersioni. La mia era una valutazione sul piano della qualità complessiva del prodotto, ma il ragionamento vale anche su quello più concreto del ritmo della pellicola. Non pensate ad un action movie che alterna sparatorie a qualche siparietto amoroso; no, qui siamo di fronte ad un flusso continuo della tensione narrativa che non conosce pause. Il film dura infatti ben 143 minuti che non si "sentono" mai come un peso. Non per niente Mann è considerato da molti il più grande fra i registi contemporanei. La sua Arte è principalmente di stampo classico, quella di un grande Artigiano del cinema, il suo pregio è quello di saper RACCONTARE UNA STORIA, rispondendo a criteri antichi ma anche modernissimi nella loro magnifica incisività ed autorevolezza. Come per tutte le sue altre opere, si è rinnovata la magìa: si entra in sala, ci si sistema nella comoda poltroncina ed ecco che inizia il viaggio; e quando ci si affida alla sapienza di Mann nel raccontare una storia dura, tesa e senza sconti, allora non si può sbagliare, si va a colpo sicuro. Ogni singola immagine, ogni fotogramma, (a partire dalle prime inquadrature coi detenuti che si scambiano occhiate nervose consapevoli che "qualcosa sta per succedere" fino all'ultima sequenza della porta che si chiude alle spalle del poliziotto), trasudano potenza ed incisività, sembrano scolpite nella pietra. Nessun'altro regista fra quelli viventi riesce ad infondere uno spirito così convincente alle proprie immagini. Per inciso, va anche detto che gran parte dell'efficacia visiva del film la si deve alla straordinaria fotografia di Dante Spinotti. Sorvoliamo poi sul chiacchiericcio che ha seguito l'uscita del film: era prevedibile la spaccatura in due fronti, tra chi parla del "capolavoro di Mann" e chi, invece, lo ha trovato "meno in forma del solito". Beh, se questo me lo chiamano un Mann "meno in forma", io non posso che replicare con un sorriso. Da parte mia posso solo dire che -come mi capita ogni volta che mi confronto con un capolavoro- ho sentito la necessità di vedere il film per due volte nell'arco di due giorni, sia per gustarmelo nella sua pienezza, sia per "assaporare" al 100% le performance di due mostri come Depp e Bale. Questa volta Mann si trovava a confrontarsi con una storia già scritta, dal momento che le gesta del bandito Dillinger sono entrate nel mito popolare. Ebbene, il regista ha saputo maneggiare il materiale storico a sua disposizione in modo funzionale alla confezione di un poderoso blockbuster profondamente autoriale. E' noto che entrambi i protagonisti erano sostenuti dall'entusiasmo dell'opinione pubblica. C'era ovviamente chi tifava per l'agente Purvis come emblema della Legge e come difensore della sicurezza dei cittadini americani. Ma numerosi erano anche coloro che (proprio come accadde per il francese Mesrine!!) vedevano in Dillinger una sorta di eroe popolare che rappresentava, in qualche modo, la povera gente contrapposta alla Finanza e alle Banche. Quest'ultimo tipo di gradimento era avvallato poi dal fatto che pare Dillinger -nel corso delle tante rapine- restituisse ai clienti i soldi che stavano per versare, puntando unicamente ad espugnare le casseforti degli Istituti Bancari. Ragionamento, a mio avviso, un pò monco, se consideriamo che anche in quei forzieri erano pur contenuti i risparmi della gente. Ma poi, soprattutto, ritengo assurdo eleggere ad emulo di Robin Hood un delinquente che ammazzò una decina di persone e ne ferì altrettante. Medesimo discorso da me fatto per l'omologo francese Mesrine: posso capire il fascino letterario da "simpatico ribaldo", ma per me resta a tutti gli effetti un delinquente. Come già accennato, il film offre un ritmo molto equilibrato, che è incalzante senza essere adrenalinico, insomma il giusto per appassionare lo spettatore, sempre tenendo presente la potenza complessiva della messa in scena e quel tocco autoriale che attribuiscono ad una gangster story già di per sè eccellente una caratura di qualità davvero superiore. Il manifesto ufficiale del film mostra, per evidenti motivi di marketing, il "faccione" accattivante di Johnny Depp (sempre più bravo!), ma in realtà si racconta la storia di DUE uomini, divisa equamente nel film tra Depp e un grandissimo Christian Bale (anche lui campione di talento e di versatilità). A dirla tutta, se la personalità di Dillinger è piuttosto conforme ai modelli del gangster spietato ma anche intelligente e innamorato, quella di Purvis è molto più misteriosa e ricca di lati oscuri. Ma quest'ultimo è un tema che intendo approfondire qualche riga più avanti. E adesso diamo lo spazio che si conviene ad un cast davvero esaltante. Prima di tutto quell'angelo che è Marion Cotillard. Sarebbe sbrigativo affermare che è una bella donna e una brava attrice: consentitemi di aggiungere qualche sensazione personale. Naturalmente della signora Cotillard io non so nulla,  ma mi illudo, ogni volta che la camera inquadra il suo viso, di leggere in quegli occhi attraversati da frequenti lampi di intelligenza, una personalità decisamente "bella". Lo so che sono ridicolo, ma lasciatemi queste mie illusioni da fan-bambino, lasciatemi l'intuizione che la Cotillard sia quella che si definisce comunemente "una bella persona". Si intravede (anzi no, si vede benissimo) anche un ottimo professionista come Stephen Dorff. Discorso a parte per una vecchissima conoscenza: Giovanni Ribisi. Io mi chiedo come mai Mr.Ribisi, già volto notissimo (e volto molto singolare, diciamolo), uno che ha schiere di fans affezionati in ogni parte del mondo, non riesca a spiccare il salto "importante", ad imbroccare quella svolta che lo faccia diventare una vera star di Hollywood. E adesso concedetemi un angolino personale per un attore che seguo da tempi lontanissimi e il cui nome dirà forse poco. Stephen Lang è una di quelle facce di Hollywood talmente "speciali" che potrebbe recitare anche senza parlare, perchè dotato di una "maschera" impagabile. Per i molti a cui il suo nome dirà poco o nulla, segnalo che nel film è il poliziotto che, nell'ultima sequenza, va a visitare in carcere una affranta (ma sempre divina!) Marion Cotillard. Ricordo ancora che feci la conoscenza del buon Lang tanti anni or sono, in un thriller di cui ho scordato il nome, in cui lui, allora giovane attore che sfoggiava una capigliatura corta biondo-platino, impersonava un inquietante serial killer. Personalmente incuriosito (e anche un pò inquietato) da alcuni dettagli del film, mi sono preso la briga di andare "oltre" il prodotto cinematografico e di indagare un pò, servendomi di internet, trovando particolari affascinanti e misteriosi sulla "vera" storia che contrappose Dillinger al poliziotto Purvis, ed addentrandomi in un territorio pieno di ombre e di "altre verità" purtroppo oggi ormai impossibili da verificare. Cominciamo invece da un fatto appurato e fuori discussione: la signora rumena che gestiva i bordelli fu sfortunata perchè, pur avendo offerto all'FBI la soffiata "definitiva", non ne fu mai ricompensata con la tanto agognata cittadinanza americana. Qualche alone di mistero aleggia invece sulle circostanze della morte di Dillinger. Pare che il padre, di fronte ad un corpo talmente crivellato da colpi di pistola da risultare quasi irriconoscibile, si rifiutò di riconoscere il cadavere del figlio. Solo leggende metropolitane? Chissà. Ma il mistero più intrigante resta l'agente Purvis, su cui circolano ancora tante voci. Per esempio qualcuno giura che Purvis durante le sparatorie diventasse così nervoso da mettersi a tremare compulsivamente. E poi pare che l'invidia e il rancore di Hoover nei suoi confronti lo turbassero parecchio, nel senso che ci stava davvero male. Insomma una personalità complessa, la sua. Tanto che nel 1960 si suicidò e su quella fine regna ancora una patina di mistero. Va detto che qualche anno dopo il figlio, Alston Purvis, pubblicò un libro sulla vita del padre, ma credo sia irreperibile in Italia. E per concludere questa parentesi sulla realtà dei fatti, bisogna dire che ad uscire trionfatore da tutta questa storia fu Edgar Hoover (superiore di Purvis in quanto capo dell'FBI e personaggio davvero molto odioso), il quale, partendo dalla eliminazione di Dillinger finì poi col diventare uno degli uomini più potenti d'America. Interessantissimo anche lo sfondo sociale del film. L'America della Grande Depressione, un'America che aveva fame, che perdeva casa e lavoro, e che riempiva le sale cinematografiche per vedere le storie di gangsters interpretati da mattatori assoluti come James Cagney e Edward G.Robinson. E il film può essere visto anche come omaggio a quell'epopea cinematografica. A testimonianza della potenza visiva di Mann, nel film sono presenti sequenze, magari di pochi secondi, che ti travolgono, che conquistano il tuo cuore di cinefilo: se posso fare un esempio che vale per tutti...quando si vedono i tre rapinatori in nero che emergono dall'atrio della banca diretti verso la cassaforte, beh, sono pochi fotogrammi, ma di una potenza tale che quasi ti devastano il cuore! E voglio concludere rivolgendomi direttamente a coloro che mi accusano di essere troppo generoso nelle mie valutazioni. A parte il fatto che non è colpa mia se stanno uscendo, uno dopo l'altro, tanti bei film che rendono questa stagione particolarmente felice, ma voglio comunque accontentare questi "signori" trovando a tutti i costi un difetto in questo magnifico film. Cioè che è talmente ricco di personaggi secondari (tra gangsters e amici di gangsters) che alla fine si rischia di perderne di vista qualcuno, o di non capirne bene le mosse.
Voto: 10 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati