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Nemico pubblico. Public Enemies

Regia di Michael Mann vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Nemico pubblico. Public Enemies

di FABIO1971
6 stelle

"Quando, nel 1934, il governo si trovò coinvolto in una guerra aperta contro bande di rapinatori armati di tutto punto, molti si domandarono perchè. La risposta comune fu la Depressione. E in parte era vero: tanti di quei fuorilegge erano disoccupati e disperati. ma incolpare la Grande Depressione del 1929 per l'ondata criminale del 1933-34 significa ignorare che gli anni dal 1925 al 1932 furono un'età dell'oro per i rapinatori americani. I reati commessi lungo il cosiddetto "corridoio del crimine", la fascia centrale degli Stati Uniti, aumentarono vertiginosamente. La violenza che avrebbe catapultato Dillinger e soci alla ribalta non fu l'inizio di un'ondata criminale, ma la sua fine. La diffusione delle rapine in banca fu il risultato del vantaggio della tecnologia sulla legge. Le nuove armi, rapide e potentissime, in particolare il mitra Thompson da ottocento pallottole al minuto introdotto dopo la prima guerra mondiale, diedero ai rapinatori una potenza di fuoco superiore a quella di qualsiasi poliziotto, fatta eccezione per i reparti meglio armati delle grandi città. Ma la maggiore innovazione fu l'automobile, specie i nuovi modelli dotati di potenti motori V8 estremamente affidabili. Mentre uno sceriffo di contea perdeva ancora tempo ad avviare la sua macchina Ford a manovella, i criminali avevano tutto il tempo di filare via indisturbati".
[Bryan Burrough - Nemico pubblico - Sperling & Kupfer, 2004]

"Io non lo so chi sei".
"Sono cresciuto in una fattoria a Mooresville, nell'Indiana mia madre è morta che avevo tre anni, mio padre mi pestava perchè non conosceva modo migliore per crescermi. Mi piace il baseball, il cinema, gli abiti raffinati, le macchine veloci, il whisky... e te. Che cos'altro c'è da sapere?".
[Marion Cotillard e Johnny Depp]


"1933: è il quarto anno della Grande Depressione. Un periodo d'oro per i rapinatori di banche John Dillinger, Alvin Karpis e Baby Face Nelson". John Dillinger (Johnny Depp), evaso dal penitenziario di stato dell'Indiana, fugge a Chicago per riorganizzare la sua banda e riprendere le proprie attività criminali, mentre J. Edgar Hoover (Billy Crudup), a capo dell'FBI, apre ufficialmente la sua lotta alla malavita organizzata e presenta all'opinione pubblica il suo braccio destro Melvin Purvis (Christian Bale): "Oggi io dichiaro che gli Stai Uniti d'America inizieranno la prima guerra al crimine. Sono lieto di presentarvi uno dei nostri migliori G-Men, l'agente Melvin Purvis, che dirigerà l'ufficio esterno qui a Chicago, il centro dell'ondata criminale che sta dilagando in America. Il suo incarico sarà quello di arrestare il nemico pubblico numero uno, John Dillinger". Dillinger si rimette subito in sesto, conosce l'affascinante Billie Frechette (Marion Cotillard), guardarobiera allo Steuben Club e si innamora di lei, mentre insieme agli amici Homer Van Meter (Stephen Dorff) e Alvin Karpis (Giovanni Ribisi) progetta le prossime rapine. Tra brillanti exploit (la cattura di Pretty Boy Floyd) e clamorosi insuccessi (il mancato arresto di Baby Face Nelson, sfuggitogli sotto il naso), Purvis inizia a braccare senza sosta Dillinger, riuscendo anche a catturarlo: il bandito, però, evade nuovamente dal carcere e Hoover è costretto a intervenire personalmente per schiarire le idee di Purvis sui metodi da adottare: "I sospetti devono essere interrogati con efficacia, torchiati senza obsoleti sentimentalismi. Siamo nell'era moderna, stiamo facendo la storia, servono iniziative opportune e dirette: come dicono in Italia, togliete i guanti bianchi!". E Dillinger, rapina dopo rapina, va incontro al proprio destino.

Scrive Bryan Burrough, ex giornalista del Wall Street Journal e corrispondente di Vanity Fair, su Nemico pubblico (2004, edito in Italia da Sperling & Kupfer), magnifico resoconto della guerra al crimine organizzato condotta dall’FBI tra il 1933 e il 1934: "Via via che la sua fama cresceva, il nome di Dillinger fu inevitabilmente coinvolto anche nei dibattiti politici. Era già uno dei preferiti dei tabloid di Londra e in Germania un giornale nazista lo usò per una campagna a favore della sterilizzazione di tutti i criminali del mondo. A Washington, il procuratore generale Homer Cummings approfittò del suo nome per velocizzare l'approvazione di alcune misure anticrimine, fra cui una secondo la quale uccidere un agente federale diventava crimine federale, legge che Hoover aveva inseguito per anni. Le leggi furono approvate dalla Camera il 5 maggio, anche se molti senatori repubblicani continuarono a criticare l'FBI. La pressione sull'amministrazione Roosevelt cresceva sempre più. "Pare che se i democratici non cattureranno Dillinger, potrebbero perdere le elezioni del prossimo autunno", scrisse Will Rogers. Persino il presidente stesso fu coinvolto. Senza menzionare il nome di Dillinger, Roosevelt invitò gli ascoltatori della radio a collaborare con le autorità contro il fenomeno delle bande di malviventi. "Applicare la legge e sterminare i gangster", dichiarò, "sotto azioni che non possono prendere corpo se una parte sostanziale della popolazione guarda ai fuorilegge con tolleranza o ne sostiene gli sforzi per rendere romantico il crimine".

Il regista Michael Mann ha scelto proprio il testo di Burrough come ispirazione per la sceneggiatura, firmata, poi, dallo stesso Mann insieme a Ronan Bennett (Lucky Break) e Ann Biderman (Copycat - Omicidi in serie e Schegge di paura tra i suoi script), per poi muoversi verso altre direzioni: quanto più, infatti, il giornalista, nel suo saggio, si preoccupava di non perdere mai di vista il ribollente contesto politico e, soprattutto, sociale, in cui le gesta criminali di John Dillinger e degli altri storici "nemici pubblici" partoriti dalla Grande Depressione (dalla coppia Bonnie Parker & Clyde Barrow, a Machine Gun Kelly, da Pretty Boy Floyd a Baby Face Nelson, fino alla banda di Alvin Karpis e dei Barker), le cui rispettive strade si incrociarono spesso nel breve arco di un anno (1933), tanto più Mann e i suoi collaboratori si interessano maggiormente all'alone romantico del suo protagonista (calcando la mano, ad esempio, sui toni struggenti della sua love story con Billie Frechette), un Robin Hood con il mitra Thompson al posto di arco e frecce, rapinatore dei ricchi e vendicatore degli oppressi, stremati dalla crisi economica, limitandosi a tratteggiarne un'istantanea senz'altro attendibile, ma anche inspiegabilmente impoverita degli umori più vitali. Mann, infatti, si concentra sul personaggio di Dillinger senza infondere forza narrativa e spessore al quadro d'insieme (con il risultato che la cornice storica e ambientale resta spesso semplice sfondo decorativo), lo script lascia troppe zone d'ombra sulle psicologie e i ruoli degli altri protagonisti della vicenda (Hoover, lo stesso Melvin Purvis, tutti gli altri gangster), il respiro della Storia appare sacrificato. La stessa "sfida" tra guardia (Purvis) e ladro (Dillinger), ad esempio, non acquista mai sufficiente forza e incisività simbolica (trasfigurazione operata da Mann, invece, nel caso di Heat - La sfida) per affrancarsi dal luogo comune (la lotta tra Bene e Male): mentre, infatti, per Dillinger, lo script si preoccupa di mostrare anche i lati meno oscuri e più accattivanti (quelli che riuscirono a far breccia nell'immaginario collettivo dell'epoca trasformando il personaggio in leggenda), per quanto riguarda Purvis viene colpevolmente tralasciata ogni sfumatura, col risultato di rendere monocordi (e senza mai comprenderne le ragioni alla base) le ossessioni e i conflitti interiori dell'agente dell'FBI (lo vediamo, ad esempio, crivellare brutalmente di colpi Pretty Boy Floyd) "plasmato" da Hoover a sua immagine armata. Purvis diviene, così, nemesi "meccanica" e impersonale, drammaturgicamente debole e con ben pochi guizzi che ne raffinino personalità e motivazioni.

Dal punto di vista spettacolare, poi, Nemico pubblico si dimostra, pur con qualche piccolo difetto (come, in alcuni frangenti, l'eccessiva invadenza della colonna sonora di Elliot Goldenthal), opera di ineccepibile qualità: sontuosa ricostruzione ambientale e scenografica (direzione artistica supervisionata da Patrick Lumb), fotografia (di Dante Spinotti) smagliante, macchina da presa sempre superba e ispirata nei suoi volteggi e nei virtuosistici piani sequenza delle scene d'azione. Dal punto di vista della ricostruzione storica, però, il film di Mann imbarca spesso acqua, rischiando di naufragare in banalità e leggerezze di cui si fatica a riconoscerne la paternità: basterebbe leggere il testo ispiratore (o un qualsiasi libro di storia) per rendersene conto e stupisce la scelta del regista di non averne eluso i rischi, strombazzando, invece, il fatto che il suo film sia, tra tutti i titoli dedicati a John Dillinger, proprio il più attendibile. Verissimo, ma per altri motivi: a fare piazza pulita di alcune storiche inesattezze sull'argomento, infatti, è stato proprio Bryan Burrough, che per primo ebbe la possibilità di accedere agli archivi dell'FBI e ai documenti ufficiali che il Bureau non aveva mai reso pubblici. Mann se ne appropria saggiamente, ma poi sceglie di trascurare alcuni snodi fondamentali con qualche "licenza poetica" di troppo nel copione. Scrive Burrough: "Oggi, a quasi quattro decenni dalla sua morte (avvenuta nel 1972), è difficile immaginare che ci sia stato un tempo in cui Hoover non fu la figura monolitica i cui fascicoli segreti facevano tremare i presidenti americani, che sostenne il tribunale inquisitorio di McCarthy e perseguitò personaggi come Martin Luther King, Alger Hiss e i coniugi Rosenberg. Per quarant'anni Hoover dominò le forze di sicurezza interne, come nessun altro prima o dopo di lui, creando praticamente da solo la prima polizia federale degli Stati Uniti. Il suo lascito fu complesso come il personaggio stesso. Prima del suo avvento, l'applicazione della legge era decentralizzata, demandata a sceriffi di contea e dipartimenti di polizia urbani troppo spesso paralizzati dalla corruzione. Nel complesso, fu lui a introdurre l'efficienza, la professionalità e il controllo centralizzato che oggi si associano all'FBI. Ma questi innegabili risultati rimarranno sempre macchiati dagli abusi di potere (fra cui intercettazioni illegali, violazioni di domicilio e persecuzione delle organizzazioni per i diritti civili) del suo ultimo periodo".

Di tutto questo, Mann propone una visione "romanzata", concedendosi molte (troppe) libertà e senza dimostrare alcuna aspirazione per il rigore storicistico: una delle sequenze migliori del film mostra la cattura e l'uccisione di Pretty Boy Floyd da parte di Melvin Purvis. Viene collocata quasi all'inizio, dopo l'evasione di Dillinger dal penitenziario di stato dell'Indiana, e precede la presentazione ufficiale di Purvis alla stampa, che Hoover introduce come il suo nuovo braccio destro. Peccato, però, che Hoover assegnò a Purvis il comando della sede dell'FBI di Chicago nel 1932, mentre Pretty Boy Floyd venne ucciso nel 1934. Inezie? John Dillinger morì il 22 luglio 1934, Pretty Boy Floyd il 22 ottobre dello stesso anno: nel film accade l'esatto contrario.

Al di là di errori e incongruenze, Nemico pubblico resta un'opera discontinua e irrisolta, che a tratti sfiora, compiaciuta, il manierismo, e a tratti si esalta con superbi colpi di coda, che si traducono nei momenti più ispirati del film: l'incipit, con l'evasione di Dillinger e dei suoi compagni dal penitenziario di stato dell'Indiana, l'entrata in scena di Christian Bale/Melvin Purvis all'inseguimento di Pretty Boy Floyd, accompagnata in colonna sonora (ma tornerà ancora durante il film) da un gioiellino bluegrass del calibro di Ten Million Slaves di Otis Taylor (tratta dall'album Recapturing the Banjo del 2008), la sparatoria durante la rapina alla banca di Sioux Falls, l'assedio notturno di Purvis e dei G-Men alla banda di Dillinger nei boschi attorno all'hotel Little Bohemia. Dalla visione del film, perciò, si esce modestamente soddisfatti e con un'amara ma inevitabile considerazione: che Michael Mann abbia interrotto il proprio percorso d'autore con Insider - Dietro la verità e poi il suo cinema, sempre poderoso ed esaltante, si sia limitato a (soprav)vivere del bagliore abbacinante di qualche sporadico lampo (Collateral), di fragorosi tumulti di passioni (Alì, Miami Vice), ma senza più raggiungere le vette di titoli come Manhunter - Frammenti di un omicidio, di Heat - La sfida, del già citato, meraviglioso Insider, senza più, in sintesi, la capacità di sorprendere ed emozionare. Restano la raffinatezza spettacolare, l'evidente maestria affabulatoria dell'autore nella costruzione del racconto, dalla gestione della tensione al taglio sempre incalzante della narrazione, ma ignorare i difetti di Nemico pubblico in nome di un glorioso passato costituirebbe soltanto un imperdonabile peccato di indulgenza.

Il cast: i due protagonisti, Johnny Depp e Christian Bale, offrono una prestazione sicuramente convincente, ma è Marion Cotillard ad esibirsi al meglio delle sue qualità, donando alla sua Billie Frechette sfumature sofferte e toccanti. Tra gli interpreti, infine, anche Billy Crudup, Stephen Lang, Channing Tatum, Carey Mulligan, James Russo, Lili Taylor e il cameo di Diana Krall, che esegue in colonna sonora la cover di Bye Bye, Blackbird, celebre evergreen (1926) interpretato con successo strepitoso da decine di artisti (da Josephine Baker a Etta James, da Miles Davis a Keith Jarrett, da Nina Simone a Julie London, da Frank Sinatra a Bing Crosby, fino a Rickie Lee Jones e tanti altri ancora).

Ancora da Nemico pubblico di Bryan Burrough: "L'eredità lasciata dalla guerra al crimine fu profonda e duratura. Nel breve termine, dimostrò con straordinaria efficacia la validità della politica del New Deal messa in atto dall'amministrazione Roosevelt, incrementando la fiducia nell'idea stessa della partecipazione attiva del governo centrale. Su più ampia scala, rassicurò i cittadini che, dopo la Grande Depressione, erano particolarmente demoralizzati: i valori della società americana avrebbero avuto la meglio su qualsiasi ostacolo. Malgrado le folle di appassionati di teatro che li avevano applauditi in vita, una volta morti, Dillinger e compari furono considerati simboli di tutti gli aspetti negativi degli Stati Uniti. Giunta proprio nel momento in cui si intravedeva la fine della Depressione, la loro sconfitta rappresentò la sconfitta simbolica della Depressione stessa e, da un giorno all'altro, sul piedistallo occupato dai criminali salirono simboli nitidi, forti e sani della rettitudine morale; il primo tra questi fu Melvin Purvis".

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