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Fortapàsc

Regia di Marco Risi vedi scheda film

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La recensione su Fortapàsc

di amandagriss
8 stelle

Torre Annunziata è la fortapàsc campana del titolo, città-fortino inespugnabile, assediata dalla realtà camorristica degli anni '80, terra abbandonata a se stessa, epicentro di agguati e sparatorie degni del più spettacolare, celeberrimo far west. In questo tragico contesto-piaga, tra i tanti di un Sud Italia condannato a marcire nel suo stesso fango, si muove un giovane giornalista 'abusivo' napoletano, il 26enne Giancarlo Siani (un bravissimo Libero De Rienzo), cronista locale nella filiale de 'Il Mattino' di Napoli, presenza scomoda e pericolosa perché volle addentrarsi nelle intricate maglie camorristiche svelandone i loschi affari e gli stretti rapporti con la politica, finendo col pagare con la vita il legittimo sacrosanto diritto e dovere  professionale di divulgatore della verità. Marco Risi torna a Napoli dopo La mano de D10s , sentita biografia del goleador  Diego Armando Maradona, e al suo incisivo cinema di denuncia e impegno civile con un'opera che vuole essere il giusto omaggio e il sincero nonché affettuoso ricordo di un ragazzo ucciso per aver osato scagliarsi contro il crimine organizzato con la sola forza della parola scritta, martire emblematico della parte sana di una gioventù del Mezzogiorno che ambisce a voltare pagina, che non riconosce come sua la radicata concezione di vita basata sulla prepotenza, il sopruso e l’omicidio, mina deflagrante  dello sviluppo e risanamento di luoghi/terra di nessuno (e non solo quelli), dove tenere la testa bassa, non guardare e non parlare è distintiva caratteristica genetica. Ma più che un film sulla camorra e le sue nefandezze, quella di Risi è un'attenta riflessione sul complesso difficile mondo del giornalismo, sull'importanza che investe nell'ambito della società, sul suo essere missione, dovere morale -prima di tutto- nel raccontare, in totale libertà di pensiero (almeno così in teoria) la sfaccettata realtà in cui si vive, con la responsabile consapevolezza di contribuire pesantemente alla creazione di  una coscienza critica capace di scuotere dal torpore ed ignoranza (nonché indifferenza) le masse, affinché possa esser data  loro la facoltà di scegliere e decidere in piena autonomia, libere da condizionamenti e timori di ogni sorta. La tragica vicenda di Giancarlo Siani è una ferita perennemente aperta nel cuore della complicata e controversa realtà napoletana e del suo interland malato e Risi, nel portare sullo schermo un episodio ‘vecchio’ di quasi 30 anni addietro, emblema della palese sconfitta della speranza e degli ideali riposti in un futuro diverso, possibilmente migliore, trova la giusta chiave di lettura nella scelta di toni ‘leggeri’, che gli permettono di non appesantire ulteriormente un tema già di per sé forte e gravoso e di servirsi del dileggio velato e sprezzante insieme nel presentarci, demitizzandoli e portando alla luce la loro reale natura, gli intoccabili boss locali: gente gretta, che va in giro con abiti degni di una mascherata kitsch, che si esibisce in una sfilata di mutandoni, canottiere e ciabatte degna del miglior cinico tv, ridicola e penosa nei coloriti tentativi di far fuori le pedine rivali, immersa in ambienti e situazioni di dubbio gusto, spietata ma vigliacca, impavida ma impaurita, che si serve della stampa come cassa di risonanza per le sue 'nobili' gesta, pronta a sbarazzarsene quando intralcia i suoi luridi piani. Leggerezza e giusta prospettiva nel descrivere il Siani giornalista in erba, eppur già tanto efficace e tagliente, e il Siani uomo, anzi ragazzo, il suo rapporto 'burrascoso' con la fidanzata, i problemi e le ansie di tutti i giorni; si sorride amaro nel toccare con mano la realtà senza filtri che il bravo regista di Mary per sempre ricostruisce minuzioso: un'epoca piuttosto lontana (macchine da scrivere, cabine telefoniche integrali, telefoni a gettoni, alla radio Bennato e il miglior Vasco, Nino ‘Caschetto d’oro’ D'Angelo che spopolava, l'eroina, la droga democratica), oramai evoluta nel costume (e nella mentalità -soprattutto criminale-) che a guardarla con gli occhi di oggi fa pensare che qualche passo in avanti, in fondo, è stato fatto: Giancarlo Siani era solo (significativa la scena dello schiaffo) e il suo sacrificio è servito, oggi, a salvare o, comunque, a non abbandonare a se stesso un altro giovane che, come lui, ha scelto la via della parola scritta per denunciare la malavita della sua città, munito di scorta e della possibilità di farsi ascoltare non solo in Italia ma in tutto il mondo.

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