Regia di François Ozon vedi scheda film
Il classico evento insondabile: al bambino di un’operaia, che conduce una vita stentata con una ragazzina ombrosa e un nuovo compagno poco affidabile, cominciano a spuntare le ali; il medico vorrebbe studiarlo, i giornalisti fiutano lo scoop, i genitori non sanno che pesci prendere. Per la prima mezz’ora il film è un dramma proletario, poi continua come una commedia grottesca; non diventa mai una favola, perché gli manca la necessaria levità; semmai è una parabola sulla diversità, e sotto questo aspetto può dirsi riuscito nel suo didascalismo (mi viene in mente un altro film francese, per quanto diversissimo: Niente di grave: suo marito è incinto). Però, sinceramente, il bimbetto suscita più repulsione che tenerezza: le sue ali sono quelle di un pollo, non quelle di un angelo. L’unico personaggio piacevolmente normale è la bambina triste e solitaria, precocemente rassegnata alla mediocrità. Il finale vorrebbe essere liberatorio, ma è prevedibile. È il solito problema di Ozon: non solo non sa emozionare, ma nemmeno ci prova.
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