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Precious

Regia di Lee Daniels vedi scheda film

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La recensione su Precious

di FilmTv Rivista
8 stelle

1987, Harlem. Da lì Manhattan dista solo qualche isolato, eppure – visto a quelle latitudini – anche il cuore della Grande Mela sembra inaccessibile. Siamo infatti nella New York nera, quella del ghetto, quella che di solito non rientra nelle

inquadrature di una macchina da presa. Eppure lì è un formicaio. Di storie, di vissuto, di facce. Tra loro Precious, scoria umana anche in un quartiere così. Ha sedici anni, un bambino down da far crescere e un altro da partorire a breve,

entrambi figli di suo padre. Sieropositivo, per giunta. Ha anche una madre (una stupefacente Mo’Nique, Oscar come migliore attrice non protagonista) ma quella sarebbe meglio non averla. La umilia, la sfrutta, e questo solo perché

è gelosa del compagno. Dimenticavamo: Precious è oversize, più over che size, e pure semialfabeta. Per questo viene spedita a una scuola alternativa ed è lì che incontra il suo angelo, Miss Rain, a metà tra mamma e professoressa. È con

lei, infatti, che la ragazza ritrova la dignità, prima di tutto, e poi l’amore. L’amore per se stessa e di conseguenza per i suoi figli ma anche il valore dell’autodeterminazione, l’insofferenza verso una certa tendenza ad autoassolversi e la scoperta che il (suo) futuro è ancora un foglio bianco da riempire. Ed è così che - dopo un viaggio negli inferi apparentemente senza fine – il regista Lee Daniels ci riporta in superficie. E ci fa tirare di nuovo il fiato. Senza ipocrisia, senza moralismo, senza censure da “politicamente corretto”, come del resto aveva già fatto Sapphire, autrice del libro omonimo da cui il film è tratto. E per riuscirci Daniels fa forza su un cast meraviglioso. In testa, Gabourey Sidibe, naturalmente, prigioniera lei stessa di un quartiere analogo (Brooklyn) e di un corpo non propriamente benevolo. E poi Lenny Kravitz, Mariah Carey e Oprah Winfrey (in veste di produttrice), che non hanno certo voluto mancare alla più obamiana delle pellicole recenti. E in questo senso, già lo Spike Lee lucidissimo di Fa’ la cosa giusta ci e li aveva messi in guardia: «In culo ai negri di Harlem. Perché la schiavitù è finita 137 anni fa e ora muovete le chiappe».

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 47 del 2010

Autore: Erica Re

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