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Alice in Wonderland

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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La recensione su Alice in Wonderland

di mc 5
6 stelle

Ho tardato il più possibile a recensire questo film perchè in me l'incertezza e l'indecisione erano i sentimenti predominanti. In realtà lo vidi nei primi giorni in cui arrivò nelle sale e ricordo che non fu esattamente un'esperienza esaltante, per una serie di motivi sia tecnici che artistici che non mancherò di approfondire. La pellicola è ormai da settimane saldamente in testa al box office italiano e ancora resiste senza segnali di stanchezza. A dire il vero qualche segnale di stanchezza è ampiamente rintracciabile nei giudizi espressi in parecchie recensioni e nei blog di cinema da parte di appassionati cinefili. E' inutile che ce lo nascondiamo: a fronte di un prevedibile plebiscito di consenso popolare, si è registrata una delusione diffusa tra i cinefili. E anch'io -mi duole dirlo da convinto fan di Burton e Depp- sono uscito dalla sala con più d'una perplessità. E aggiungo anche che, dopo aver visionato l'opera per ben due volte, le perplessità permangono. Oltretutto si tratta di critiche difficili da formulare, perchè legate a sensazioni complesse da afferrare, a percezioni non sempre definite. Diciamo che, per tutti questi visionari e fantasiosi 108 minuti, aleggia un vago sentòre di delusione che inficia ogni predisposizione ad una fruizione entusiasta dell'opera. Io stesso ero incline ad una visione infantilmente ottimista e mi sono immerso in quel sottomondo fantastico con la gioia d'un bambino. Ma già dalla prima sequenza (la festa di compleanno) ho cominciato a scuotere la testa, faticando non poco a riconoscere il "mio" Tim Burton. Ma a questo punto chiedo mi sia permesso aprire una parentesi che mi perviene dal profondo del cuore. Sono indignato. Calma, non ce l'ho con Tim Burton, che peraltro resta comunque e in ogni caso uno dei cineasti viventi più ricchi di talento ed intelligenza creativa. Ce l'ho con chi, inopinatamente ed impunemente, continua a reiterare questa colossale truffa miliardaria che porta il nome di "3D". Si vorrebbe, da parte di qualche manager in evidente mala fede, continuare ad ammantare questo fenomeno di elementi di stupore e meraviglia, quasi chiamando a testimonial della rivoluzionaria fruizione tridimensionale i gridolini eccitati e i bàttiti di mani dei piccoli frequentatori entusiasti di multisale. Un entusiasmo da parte dei piccini che ha contaminato però anche i genitori, che col passaparola fra adulti, non fanno che parlare di  questa nuova fruizione che fa sentire così "moderni" (wow!) tanti ometti qualunque. In pratica succede che gli adulti (proprio quelli che prima andavano al cinema solo per i cinepanettoni di Natale) adesso vogliono tutti quanti provare il "brividino" di "Avatar" o di "Alice". Non mi riferisco, lo premetto, alle polemiche che in queste stesse ore stanno occupando le prime pagine dei quotidiani: in seguito ad un caso di infezione ad un occhio contratta da una bambina, è scattata una direttiva di legge che impone l'utilizzo nelle sale unicamente di occhiali usa e getta non riciclabili, sollevando la prevedibile rivolta degli esercenti. No, io mi riferisco alla mia esperienza diretta che mette al primo posto la scarsa resa complessiva dei famosi occhialini. Ne ho già parlato altre volte e so di apparire monotono, ma voglio qui ribadirlo, forte e chiaro.Ti fanno pagare qualche euro in più per una mezza fregatura, questo è il punto!! La visione, nonostante gli anni passano e qualcosa dovrebbe pur migliorare, continua a rimanere OSCURATA da una specie di filtro che produce un intollerabile effetto-notte il quale IMPEDISCE (ripeto:"impedisce") allo spettatore di distinguere chiaramente i contorni delle immagini. E sto pensando (giusto per non campare in aria le mie critiche) ad una sequenza ben precisa di "Alice", quella iniziale della festa di compleanno. Ebbene, dopo aver visto il film in entrambe le versioni, posso affermare che quella stessa scena girata in pieno GIORNO, nella versione in 3D pare girata AL CHIARO DI LUNA. Al punto tale che certi volti, o anche certi abiti degli attori, o comunque vari elementi della scenografia, non riesci proprio a distinguerli nei loro tratti completi. E il bello (anzi l'assurdo e il grottesco) è che il pubblico (la massa da cinepanettone cui accennavo prima) si beve tutto, manco ci fa caso, tutto "gasato" nel fruire dell'"effetto profondità" (il quale, in tale contesto, assume il ruolo di uno specchietto per le allodole, di qualcosa che -a conti fatti- da una parte "aggiunge" ma dall'altra "toglie", a causa di quel fenomeno cui prima accennavo). Fatemi sfogare: ma che cavolo mi frega a me di vedere (che so) il braccio dell'attore che si protende verso il pubblico se poi vedo un film che pare svolgersi tutto in ore tardo-pomeridiane per non dire serali? Per chiudere l'argomento, non posso che confermare quanto da me già vissuto attraverso l'esperienza di "Avatar": la (successiva) visione del film in versione "liscia" (quella tradizionale) ha largamente superato in efficacia e bontà di fruizione quella tridimensionale. Assolutamente. Ciò detto, a differenza dell'esperienza "avatariana", i dubbi artistici sono però sopravvissuti anche ad una seconda visione. E' strano a dirsi, ma ho trovato un Burton quasi incerto su quale strada percorrere. Il film non pare riuscire a scegliere se essere favola lieta e divertente o incubo nero: anzi, proprio in quanto abituato agli "incubi dark" di Burton, ho aspettato per tutto il tempo qualcosa di realmente "disturbante" che invece non è arrivato mai. E dire che di personaggi e situazioni potenzialmente inquietanti ce n'erano a iosa. Nulla, tutto rivolto ad un teatrino simpaticamente eccentrico, in ambito di fiaba disneyana, a tratti sghemba e anticonvenzionale, ma per lo più moraleggiante e alla fine rassicurante. Dov'è finito il Burton crudelmente destabilizzante, grottescamente e intelligentemente "nero"? Un dubbio ci sovrasta. Il Maestro si è occasionalmente piegato ad una logica di produzione disneyana, oppure è il segnale di una sua nuova deriva artistica ad indirizzo "pop"? (incrociamo le dita). L'elemento che pare funzionare di più è l'impatto scenografico, con colori accesi e sfondi ricchi di suggestioni misteriosamente dark, ma la fervida fantasia burtoniana si limita a questo, che tutto il resto è un adeguarsi allo stile "favola Disney". In altri termini, la gioia degli occhi c'è tutta, ma quello è il minimo che ci aspettavamo da uno dei più grandi cineasti viventi. Per restare in ambito Disney, volendo, si potrebbe anche osservare che è curiosa questa sorta di "normalizzazione" da parte del regista proprio in una fase in cui la Pixar, al contrario, sta tentando con enorme coraggio di percorrere strade nuove che implicano anche stategie complesse e non esattamente "ruffiane" nei confronti del pubblico giovanissimo, peraltro riuscendo tuttavia nel contempo (il genio di Lasseter!) a sbancare botteghini e a quadagnare Oscar. Forse il grande latitante del film è proprio quel non-sense che avrebbe dovuto essere la cifra stilistica primaria dell'opera. E invece Burton, tende a volgere al (sontuoso) compitino, manco ci trovassimo di fronte ad un fantasy tradizional-popolare tipo "Le cronache di Narnia". Tanto da insinuare nella mente dello spettatore più critico il sospetto di un tipico caso di "lavoro su commissione" in cui l'ispirazione autoriale sia stata dunque intenzionalmente tenuta a freno. Restano belle immagini, e personaggi stimolanti, tipo i gemelli ciccioni (inquietanti, ma non abbastanza, anche loro poi declinano nel buffo, fanno ridere i bambini e tutto si ferma a quel livello lì, di superficie). Poi, ma questo è un caso personale, ho dovuto fare i conti con la presenza di un'attrice che mi ha sempre suscitato istintiva antipatia: Anne Hathaway. Bravissima come sempre Elena Bonham Carter, anche se col sospetto di una caratterizzazione che sfiora pericolosamente l'eccesso macchiettistico. Johnny Depp, a tratti sovreccitato e comunque sempre sopra le righe, assai deludente (detto da un suo fan quale io sono da tempi non sospetti). Imbarazzante e ridicolo vederlo ballare la "deliranza": benedetto Burton, ma cosa ti salta in testa di mettere in scena cavolate del genere per accalappiare i ragazzini, addirittura trasformando il Cappellaio Matto in un emulo di Michael Jackson??!! Posta dunque una certa delusione, nessuno può affermare che sia un film brutto. Ma proprio perchè emana comunque un fascino inquietante e dietro c'è la mano di un Tim Burton, si resta doppiamente perplessi pensando a quello che avrebbe potuto essere. Ma...una domanda: è poi giusto pretendere dai registi che amiamo ogni volta un capolavoro? Beh, e se la risposta fosse "Sì"? Concludendo. Va da sè che tutti noi avremmo voluto molto più Burton e un pò meno Disney. E invece ci hanno fregato. Sarà per la prossima volta.
Voto: 6/7

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