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La signora di Musashino

Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film

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La recensione su La signora di Musashino

di Baliverna
8 stelle

Ecco un altro studio di Mizoguchi sulla figura della donna in Giappone, che mette come sempre in risalto come essa sia umiliata e calpestata dall'uomo, e a volte persino da altre donne. Qui tuttavia non si parla di prostituzione, ma di beghe familiari. La povera protagonista è una moglie infelice di un uomo egoista e apertamente adultero, che la tratta come una pezza da piedi. Lei, però, è umile e sottomessa sino all'eccesso, nel senso che giunge a pensare di meritare quel trattamento perché non è una brava moglie. La sua purezza e la sua fedeltà al marito (e a un tale marito), anche in presenza di un'altra passione e in assenza di riferimenti ai valori cristiani, lasciano edificati e hanno molto da insegnare ai coniugi odierni. Ella infatti sente la fedeltà come un grande valore morale impostole dalla coscienza, dovuto a prescindere dal comportamento del marito. Persino chi la ama finisce però per ferirla e angosciarla, come il cugino, oggetto peraltro di una passione di per sé molto discutibile (infedeltà a parte). L'opposto del suo personaggio è l'altra donna, femmina perfida che la tormenta più che può e infine fugge con suo marito. L'unica consolazione del film è che alla fine gli uomini prenderanno coscienza di quanto male si sono comportati con la poveretta, e se ne pentiranno. E' un altra pellicola che prova ulteriormente il sincero amore del regista per l'altro sesso, e la compassione che provava per le donne in un cultura che le vedeva vittime dell'egoismo e della violenza degli uomini. E' una specie di Pietrangeli giapponese, forse ancora più tenero e sofferente. Mizoguchi girò diversi film dalla parte delle donne, dipingendone appassionati ritratti e denunciando i sopprusi e le umiliazioni che una cultura maschilista infliggeva loro. Proprio per la sincerità, l'umanità, e l'onestà del discorso del maestro nipponico, si può dire che non era affatto femminista, visto che il femminismo nostrano nulla ha a che fare con tutto ciò. Il film offre anche una bella fotografia e belle musiche intrise di lirismo.

Cosa cambierei

Niente che riguardi il film di per sé. I sottotitoli cambierei, che presentano diverse frasi ed espressioni un po' bislacchi, frutto di evidenti calchi dall'inglese. Niente da dire sul fatto che siano stati tradotti dall'inglese, ma, quando si traduce, l'italiano deve essere fluente e.... italiano. Il calco (il riprodurre la struttura della lingua originale e il tradurre le parole senza adattare la forma) è la più forte tentazione del traduttore, e oggi ci cascano in molti.

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