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Fast & Furious. Solo parti originali

Regia di Justin Lin vedi scheda film

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La recensione su Fast & Furious. Solo parti originali

di PompiereFI
8 stelle

Dopo 8 anni dal primo episodio di quella che poi sarebbe diventata una serie tra le più adrenaliniche degli ultimi tempi, ecco far ritorno Vin Diesel nei panni di Dominic Toretto, fuggito in Messico perché ricercato dalla polizia. L’unico affetto rimasto al nostro eroe è Letty (Michelle Rodriguez, poi vista anche nella serie tv “LOST”) con la quale compie ancora azioni spericolate a bordo di macchine truccatissime.

Sarà a causa di questa esistenza così ai limiti che Dom perderà Letty, uccisa spietatamente. La sete di vendetta lo spingerà a ritornare a Los Angeles, dove troverà di nuovo l’agente Brian O’Conner e, con lui, darà la caccia a quello che si scoprirà essere un nemico comune…


Il quarto episodio della saga “F&F” è anche quello tra i più riusciti. Oltre a richiamare in azione il carismatico Vin Diesel, costruisce una trama che va oltre la messa in scena di macchine che corrono solo per il gusto della sfida clandestina e dell’ebbrezza della velocità. La storia è sufficientemente intricata e menziona a gran voce il genere poliziesco tipico di certo cinema di Richard Donner e Walter Hill, con il racconto che viene costellato da battute spiritose volte a stemperare i contenuti, altrove più drammatici. Ed è per questo che il film suscita una certa ammirazione e sorpresa.

Già l’inizio è splendido con la messa in scena di un grandioso furto di un carico di benzina destinato alla Repubblica Dominicana; Justin Lin ci da’ una grande prova di come si dirige una scena d’azione e, come potete ben immaginare, questa non sarà la sola del film (date un’occhiata ai momenti dove le auto sfrecciano a tutto gas attraverso tunnel accidentati scavati nella grotta). Un ulteriore pregio del regista sta nell’aver saputo decelerare e prendere le dovute distanze dall’abuso di corse automobilistiche ai limiti del possibile, alternando le sequenze più in”trip”pate a occasioni dove far prevalere il dialogo e l’approfondimento psicologico dei personaggi. Una volta tanto è necessario liberarsi della puzza sotto al naso che contraddistingue solitamente il critico votato al cinema d’autore e riconoscere il giusto e meritato valore di cinema un po’ triviale, dozzinale e di minor pregio.

Vin Diesel (che, a dispetto del cognome, ancora una volta va a benzina) si conferma decisamente adatto per le parti del “tosto ma tenero”, quello che ti conviene avere dalla tua parte piuttosto che essergli contro. Ha un seducente sorriso canzonatorio e muscoli oliati ben in vista che ne fanno un degno successore dei fenomeni dei film d’azione come Stallone o Schwarzenegger. 

Toretto si muove tra musica rap sparata a palla a far da sottofondo, qualche fondoschiena sculettante di troppo e bacini ancheggianti sbattuti in primo piano a far salire gli ormoni dei giovanotti (il connubio donne e motori, si sa, è sempre vincente da questo punto di vista). E pare che vada di moda e tiri parecchio anche il bacio saffico: evidentemente stuzzica gli appetiti sessuali del maschio più di quanto non sembri.
Dispiace sentire che, in un paio di occasioni, la parola “finocchio” sia stata usata ancora come insulto e dispregiativo. Era forse necessario distinguere un ambiente votato alla meccanica, alla rincorsa della gonna corta e della coscia lunga come esclusivamente machista?! Quello di “F&F” è un mondo di macchine truccate con una serie di automobili risalenti agli anni ’70 di tutto rispetto, come la Plymouth Roadrunner di Letty o la Ford Gran Torino (e con quella di Eastwood, già al cinema da un po’, facciamo il paio) di Fenix. L’attenzione ai dettagli nella cura e nell’esposizione delle auto è quasi maniacale.

Spesso le scene di azione “in corsa” vengono accompagnate da una colonna sonora che spazia dal rap, all’hip hop, all’R&B; ritroviamo artisti del calibro di Busta Rhymes e Robin Thicke. I brani sono tutti ben cadenzati e nervosi, adatti alle sequenze di inseguimento. Certo è che una track list così uniformata e livellata si ricorda solo per la mancanza di qualsiasi pretesto di creatività.

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