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La lunga notte del '43

Regia di Florestano Vancini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La lunga notte del '43

di yume
9 stelle

Selezionato tra i 100 film italiani da salvare,racconta il silenzio di un Paese che ha saputo solo tacere di fronte a tutto, capace solo di guardare al suo guicciardiniano "particulare", alle sue piccole sicurezze, chiudendo gli occhi di fronte alla “lunga notte” che non fu solo quella del ’43.

Dedico questo articolo ad una città, Ferrara, luogo a lungo frequentato per le sue stupende Mostre, per i suoi Festival del Libro Ebraico, per i luoghi di Bassani, per il ricordo di Antonioni, per le sue strade ampie e silenziose e la nebbia che spesso le nasconde.

Forse non serve aggiungere altro, la foto che circola sui social e i media è molto eloquente con la bandiera leghista posta a coprire lo striscione di Giulio Regeni sulla facciata del Municipio.

Molto probabilmente lo hanno fatto senza rendersi conto delle polemiche che avrebbe scatenato il loro gesto” è uno dei commenti che non merita neppure che venga citata la fonte.

Di gesta così infami è piena la storia d’Italia e speravamo di non vederne più, ma l’arroganza unita all’ignoranza non ha confini di tempo e di spazio, sul manifesto di quel ragazzo si sono accaniti anche altri Municipi e lo striscione non è stato solo coperto, è semplicemente scomparso.

Evidentemente una certa parte del popolo d’Italia ha bisogno di bruciare bandiere, e forse prima o poi brucerà anche libri.

La lunga notte del ’43 fu l’opera prima di Florestano Vancini, co-sceneggiatore con Pier Paolo Pasolini, tratta da un racconto delle Cinque storie ferraresi di Giorgio Bassani a cui andò il premio Strega nel ‘56.

Sinossi

Ferrara, novembre 1943. Il farmacista Franco Barilari vive paralizzato dalla sifilide che lo ha colpito anni prima durante la marcia su Roma. Lugubre personaggio reso sterile e rabbioso dalla malattia e dalla forzata impotenza, passa l’intera giornata a guardare dalla finestra che dà su Via Roma, oggi Corso Martiri della Libertà, di fronte al Castello Estense e al muretto che circonda il fossato dove furono fucilati 8 antifascisti nella notte del ’43 in un’azione di rappresaglia fascista. Altri quattro furono fucilati sulle Mura di San Tommaso e uno in Via Boldini

Anna, la bella moglie di Barilari, gestisce la farmacia ed ha una relazione con Franco Villani, figlio di una famiglia borghese antifascista. Carlo Aretusi detto 'Sciagura', squadrista della prima ora, messo in disparte dai neodirigenti repubblichini, complotta per togliere di mezzo il Bolognesi, federale che giudica un debole incapace. Un sicario da lui assoldato elimina il rivale e la carica di dirigente provinciale passa a lui. Da Verona e da Padova calano intanto le squadre fasciste per vendicare il delitto fatto ricadere sugli antifascisti. Tra i morti ci sarà anche il padre di Franco, ma il figlio preferisce espatriare e rifarsi una vita altrove.

Nel finale si torna al presente, un dopoguerra pacificato in cui tutti sono spariti (Anna), o morti (Barilari), o portatori di una nuova verginità (Aretusi, Franco).

 

Una lapide ricorda oggi i nomi dei morti e chi passa è invitato a volgere lo sguardo alle finestre del palazzo di fronte, da una di quelle Barilari vide tutto ma scelse di tenerlo per sé.

Erano undici, riversi, in tre mucchi separati, lungo la spalletta della Fossa del Castello, lungo il tratto di marciapiede esattamente opposto al caffè della Borsa e alla farmacia Barilari: e per contarli e identificarli, da parte dei primi che avevano osato accostarsi, di lontano, non parevano nemmeno corpi umani: stracci, bensì, poveri stracci o fagotti, buttati là, al sole, nella neve fradiciaGiorgio Bassani, Una notte del '43.

Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare e Luigi Pestelli su Stampa Sera del 29 settembre 1960 così commentava:

"Esordienti così preparati non possono che fare del bene al nostro cinema (...) La materia qui è rovente, ma il tratto asciutto e calcolatissimo (...) Quando non avesse altro, il film costituirebbe una salutare lezione di memoria per quanti (...) non vogliono darsi il disturbo di ricordare. Un finale amaro suggella bene il forte film."

“Una salutare lezione di memoria”.

Si dice sempre così e si crede sia vero.

Ma Bassani e poi Vancini videro giusto, l’arte ha sempre uno sguardo più lungo della Storia e sa riconoscere le costanti nelle storie degli uomini scoprendo le secche in cui va ad arenarsi “la barca dell’amore spezzata contro il quotidiano”.

L’art n’a jamais eu pour but le divertissement. […] Si le cinéma est un art, alors, comme pour tout art, il a d’autres fins.

Lesquelles? Exprimer, c’est-à-dire expliquer à soi-même et à tout notre entourage pour quoi l’homme vit. Quel est le sens de la vie. Expliquer la vie, la cause de son apparition sur la terre… Quel sinistre silence…

Andreï Tarkovski. Le XXe siècle et l’artiste inArt & Connaissance, 2013

Il “sinistro silenzio” di cui parla Tarkovski è quello di Pino Barilari (Enrico Maria Salerno), farmacista infermo, sfuggente, la cui paralisi diventa il paradigma di un’Italia travolta dagli eventi e capace solo di rimozione.

E’ quello di Franco Villani (Gabriele Ferzetti) che sceglie di andar via, e quando tornerà riuscirà a stringere la mano all’Aretusi (Gino Cervi) il diabolico responsabile della rappresaglia fascista.

Silenzio è anche quello di Anna (Belinda Lee), moglie infelice di Barilari e amante di Franco. Consapevole di quanto è accaduto sconta il suo ruolo di donna incapace di essere altro da quello che è e va via lasciando Ferrara per sempre.

E’ il silenzio di un Paese che ha saputo solo tacere di fronte a tutto, capace solo di guardare al suo guicciardiniano particulare, alle sue piccole sicurezze, chiudendo gli occhi di fronte alla “lunga notte” che non fu solo quella del ’43.

Un Paese che è stato alla finestra, e continua a farlo, per ignoranza, per tornaconto, per pigrizia, perché a combattere vanno altri e peggio per loro.

Un Paese che non è rinato dalle sue macerie, perché quelle morali non si sanano come quelle materiali, e “il passato sarà cancellato, le colpe saranno redente!” come proclama l’Aretusi nel prefinale ci sarà sempre chi è disposto a dirlo da una tribuna alla folla osannante.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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