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Serge Gainsbourg, vie héroïque

Regia di Joann Sfar vedi scheda film

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La recensione su Serge Gainsbourg, vie héroïque

di ligeti
8 stelle

Quando si pensa a Serge Gainsbourg, viene subito in mente la celeberrima canzone Je t’aime… moi non plus che il cantautore francese interpretò con la moglie Jane Birkin suscitando l’intervento della censura francese. Nel biopic che il fumettista Joann Sfar ha dedicato alla sua vita, partendo proprio da una sua opera a fumetti, viene raccontata anche — tra le altre cose — la nascita di quel brano: inizialmente scritto per Brigitte Bardot nel periodo in cui i due intrattenevano una relazione, non venne inizialmente pubblicata proprio su richiesta dell’attrice francese dal momento che costei era sposata con l’uomo d’affari tedesco Gunter Sachs. Poco dopo però Gainsbourg incontrò l’inglese Jane Birkin ed iniziò una nuova relazione con lei: Je t’aime… moi non plus venne quindi interpretata in una seconda versione da Jane Birkin e pubblicata come singolo, provocando il ben noto scandalo e rendendo di riflesso la coppia molto celebre. Nel film di Sfar, il ruolo dell’editore musicale cui i due presentano la canzone è affidato non a caso a un sempre simpatico Claude Chabrol, che con la sua aria bonacciona ha così tanto indagato, attraverso la sua filmografia, l’ipocrisia e il moralismo imperanti all’interno della buona borghesia. Gainsbourg (Vie héroïque) — inedito per ora in Italia e a quanto pare destinato a non uscire mai nelle nostre sale — dipinge la vita dell’irriverente cantautore francese dall’infanzia parigina durante l’occupazione nazista fino ai suoi ultimi anni, riproponendo alcune delle sue più celebri canzoni (meravigliosa l’entrata in scena della Casta nei panni di Brigitte Bardot sulle note di Initials B.B.). Come una scritta finale fa ben intuire, si tratta di una biografia che non si propone affatto di essere verosimile o sincera, e che si potrebbe pertanto definire, in quanto tale, immaginaria. Ma al contrario di un’altra recente biografia immaginaria, quella di Bob Dylan con Io non sono qui, film felliniano nelle intenzioni ma freddo e cerebrale quando non addirittura masturbatorio nei fatti, il film di Sfar convince, risultando simpatico, leggero, divertente, inventivo, elegante (molto bella la fotografia di Guillaume Schiffman). Spensierato, anche. Gainsbourg è un bel film perché rispetta una delle poche regole da tenere a mente nel momento in cui ci si accinge a girare un film biografico: il racconto della vita di una persona non dovrebbe coincidere con un racconto in terza persona singolare egocentrico e magari anche narcisista, bensì all’opposto con un racconto in terza persona plurale, che dia ampio spazio agli altri, alle persone che quella vita popolano e riempiono. Il film di Sfar vive pertanto, giustamente, del personaggio Gainsbourg, ma anche delle persone più importanti nella sua vita e in particolare delle sue amanti (Bardot, Greco, Birkin), tutti ben interpretati da un cast decisamente azzeccato tanto per somiglianza fisica ai rispettivi personaggi (impressionanti Elmosnino e in alcune inquadrature, a sorpresa, la Casta), quanto per bravura. Se si aggiunge l’introduzione di un alter-ego fantastico di Gainsbourg, che costituisce una trovata surreale e poetica, ecco spiegato perché Gainsbourg (Vie héroïque) è molto più felliniano del film di Todd Haynes, e come tale molto più divertente e vivo. VOTO: 3,5/5

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