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La Guerra del ferro - Ironmaster

Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film

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La recensione su La Guerra del ferro - Ironmaster

di mm40
2 stelle

Ingredienti: un weekend libero, una videocamera, un parco in cui scorrazzare liberamente, 20-30 amici fra cui qualche muscoloide e un paio di belle sgnacchere, qualche brandello di pelle di daino per i costumi di scena. Et... voilà: siete pronti per girare un remake - forse anche migliore dell'originale - di La guerra del ferro, disgraziato film di un annoiato Lenzi in profonda crisi, quantomeno artistica. Al declinare del polizi(ott)esco, il regista di Milano odia, Napoli violenta, La banda del gobbo, Il trucido e lo sbirro e tanti altri titoli fra i più interessanti del filone, si ritrovò improvvisamente appiedato e costretto ad accettare quel che passava il convento; l'anno precedente, per esempio, aveva licenziato due commedie demenziali che neppure la parola 'trash' può definire in maniera accurata, cioè Cicciabomba (con protagonista la Rettore, suo malgrado) e Pierino la peste alla riscossa (capitolo apocrifo della serie, quello con il toscanaccio Giorgio Ariani nei panni del discolo del titolo). Qui invece Lenzi viene contattato dal produttore Luciano Martino per mettere in scena un suo (e di Alberto Cavallone) soggetto che ricalca la storia del successo francese La guerra del fuoco (Jean-Jacques Annaud, 1981); la sceneggiatura è affidata a Dardano Sacchetti, allo sconosciuto Gabriel Rossini (che scriveva in quello stesso anno 2019, diretto da Sergio Martino, fratello del produttore), allo stesso Cavallone (che peraltro girò in contemporanea un film decisamente simile, I padroni del mondo) e a una certa Lea Martino, non meglio identificata, ma dal cognome che suggerisce una certa 'familiarità'. Al di là di qualche scena scosciata per Pamela Prati, ancora poco nota, ed Elvire Audray (l'anno prima vista esordire in Vado a vivere da solo, Marco Risi), e oltre a qualche scena di battaglia, dal lato estetico questo La guerra del ferro non dice granchè; ancor meno dal punto di vista della morale, blandamente buonista e pacifista nonostante sia evidente il compiacimento nell'inserire combattimenti fratricidi e pozze di sangue non appena possibile. Le cose migliori di tutta la pellicola sono Luigi Montefiori / George Eastman, sempre all'altezza della situazione, e la colonna sonora dei fratelli De Angelis che, pur non essendo una delle loro più memorabili, è comunque più che dignitosa. 2,5/10.

Sulla trama

Nella preistoria una tribù scopre come forgiare delle armi con il ferro e parte alla conquista del mondo.

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