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Verso l'Eden

Regia di Costa-Gavras vedi scheda film

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La recensione su Verso l'Eden

di giancarlo visitilli
4 stelle

Appunto, l’Eden, il paradiso, dove tutto è bellezza, sensualità e sessualità. Che c’entra tutto ciò con l’immigrazione, l’emigrazione e quanto esse comportano? Nient’altro che un favola, quella raccontata da un grande regista come Costa Gravas (Z - L'orgia del potere, Missing, Music Box, Prova d’accusa), che dopo 40 anni torna a girare nel suo paese natale, la Grecia, con un film che si attendeva tanto e che, invece, di tanta lascia soltanto la delusione.
Sin dalle prime inquadrature, tutto è patinato, finanche il suggestivo e poetico (ma quando mai?) barcone di migranti che attraversano il Mar Egeo. Naturalmente, la bellezza raggiunge l’apice quando anche lo Scamarcio migrante è del tutto simile a Ho voglia di te, che quasi vola e sorvola, tra una femmina ed un’altra, a diversi metri sopra il cielo, non conoscendo affatto le bassezze di chi vive tra la merda e la morte, in barconi di sfortuna, quasi sempre recanti migranti, che a mala pena poi riescono a strisciare sulle nostre coste. Nessuna pagina di cronaca, ma nemmeno il miglior romanziere, hanno provato mai, di questi tempi, a raccontare la storia di un migrante, come l’Elias-Scamarcio del film, oggetto di desiderio sessuale per chiunque. Piuttosto è vero il contrario, che chiunque è straniero, viene talmente rifiutato da dover trovare lui stesso, poi, con tutti i modi e i mezzi, l’amore, a pagamento o per mezzo della violenza. Non è un’odissea quella di Elias, neanche un calvario, come sempre accade per ogni buon immigrato, ma piuttosto un’ascesa celestiale. Qualsiasi migrante metterebbe firma al suo posto e nella sua condizione. D’altronde, sono proprio i villaggi turistici e i teatri abitati dai valletti e vallette come De Filippi-Costanzo-Carrà-Pupo&Company ad attrarre, come le mosche, gli stranieri, nel nostro paese del Bengodi.
La giustificazione è che si tratta di un’opera ironica del regista greco. Ebbene, ma se già ora appare difficile parlare seriamente di un problema drammatico come l’immigrazione, visto che tutto lo si fa con molta ironia, anche a botta di leggi abbastanza ridicole, figuriamoci in questi tempi, come diventa difficile comprendere ironicamente le cose. Alla fine del film, gli unici a vivere l’Odissea sono gli spettatori, costretti a sopportare la prova attoriale, assolutamente fuori parte, dell’emigrante Scamarcio: l’unica vera metafora della bruttezza di un cinema, che anche nel caso di un regista improtante come Costa-Gravas, riesce a dire più nulla.
Peccato, che ad accompagnare la pellicola mancasse il commento sonoro di Grignani, con “Destinazione Paradiso”, perché sarebbe risultato tutto maggiormente poetico e suggestivo. Avremmo raggiunto l’apice della bellezza. Pur tuttavia, saremmo rimasti con le stesse perplessità, che dopo la visione di questo film toccano a tutti: in tutto ciò non c’entra nulla né il cinema, tanto meno quella drammatica storia, con cui tutti i giorni conviviamo, la vita degli ultimi e dei diversi, costretti a fare i conti con l’inferno del quotidiano, più che con l’Eden.
Giancarlo Visitilli

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