Regia di Charles Chaplin vedi scheda film
Ne ho appena rivisto la copia restaurata su DVD, che rende un bianco e nero che sarebbe da studiare per la cura dei grigi e dei contrasti. Quando si parla di "capolavoro", bisognerebbe pensare a questo film quale pietra di paragone, piuttosto che al numero di statuette vinte, che non è, invece, pietra filosofale, e chiedersi quindi se non si sta sprecando un termine abusato. Anche nella semplicità della storia, a ben guardare, ci sono delle trovate sceniche geniali, accompagnate da una fotografia studiatissima, da espressioni degli attori che sanno dire più di tante ciance. Questo è il punto: quella gente lì, ad iniziare da Chaplin, sapeva recitare anche senza parlare. Ora, un mucchio di attori non sa recitare, un mucchio di registi non sa girare, e, quel che è peggio, non sanno neanche starsene zitti
Un vagabondo si innamora di una povera fioraia cieca, che vive con la nonna, e che per una serie di coincidenze, lo scambia per un riccone. Vagando lungo il fiume, salva la vita ad un milionario depresso e ubriaco, che lo porta con sé. Ma che, smaltita la sbronza, si dimentica del tutto del suo amico povero e generoso. Com fare a racimolare i soldi per l'affitto arretrato della ragazza? Il finale è di una bellezza struggente e immensa, con l'ultima espressione di Chaplin che, da sola, vale più di tutti gli Oscar della storia del cinema. Oscar che a lui, Holliwood non glie lo ha mai dato.
Se lassù c'è un Dio, da Natale del 1977 di certo non si annoia più
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