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The Reader. A voce alta

Regia di Stephen Daldry vedi scheda film

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Grace Margaret Mulligan

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La recensione su The Reader. A voce alta

di Grace Margaret Mulligan
4 stelle

Nemmeno si dovrebbero fare i dovuti paragoni con il libro da cui è tratto, sarebbe un omicidio completo del film, ma basta prendere solo un paio di argomenti per far capire velocemente come questo film sia privo di quella materia e di quell'essenza, di quel sentimento che ha reso il libro di Schlink un capolavoro: il senso della vergogna e la volontà di non voler cercare nessuna assoluzione; il senso del peccato, mentale, sessuale, fisico, intellettuale che nel film non esiste.
E' tutto molto strumentalizzato per un piatto mal servito di emozioni troppo poco incisive che scivolano via veloci senza lasciare alcuna traccia.
Il positivo sta tutta nella seconda parte, dove i due protagonisti si lasciano e finalmente si conclude l'agonia della ridicolaggine pura della storia d'amore che è davvero campata per aria. La seconda parte appunto che cerca di ristabilite l'equilibrio di partenza e il messaggio inziale dell'impossibilità di perdonare e di dimenticare, ma lo stesso non basta a rendere il film valido e concreto.
La Winslet recita di maniera e la sua Hanna è svestita di tutta quella carica erotica, di quella sensualità sporca e mediocre che la rendeva un personaggio squallido ma triste allo stesso tempo. Sotto il trucco c'è proprio poca passione, ma non è tutta colpa sua. E' colpa di una regia di Daldry banale e prevedibile (si stenta a credere che sia lo stesso Daldry che ha diretto The Hours), e di una sceneggiatura che non offre nessuna interpretazione o spunto intelligente.
Convincerà quelli più impressionabili, quelli che spendono sempre una lacrimuccia quando si pensa all'Olocausto, ma per quel vale, The Reader rimane un film accademico e manieristico, mediocre.
Anche perchè questo film non doveva essere sull'Olocauso, perchè A Voce Alta di Schilink è una di quelle poche storie che si è impegnata a raccontare "il dopo". E' quello che è successo dopo che non conosce nessuno, il senso profondo e lacerante della vergogna, della consapevolezza di quello che è successo, quando tutti hanno smesso di essere inconsapevoli e innocenti e hanno cominciato a vedere.
Ma nel The Reader di Daldry tornano prepotentemente in continuazione le immagini e le sensazioni del durante Olocausto, non del dopo. Per esigenze hollywoodiane ovviamente, e infatti è un film furbo costruito a tavolino per vincere premi che lo rende così arrogantemente senz'anima.

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