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Zack & Miri. Amore a... primo sesso

Regia di Kevin Smith vedi scheda film

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La recensione su Zack & Miri. Amore a... primo sesso

di nickoftime
6 stelle

Kevin Smiths è forse il rappresentante più iconoclasta fuoriuscito dalla fucina di quel Sundance che proprio in questi giorni torna a far sentire la sua impronta grazie all’ultimo Tarantino:  a corto di memoria cinefila e per niente allettato dalle lusinghe delle grandi produzioni, a cui peraltro non potrebbe offrire progetti ad ampio respiro, ma soprattutto limitato dalla magnifica irriverenza con cui tratteggia da anni i luoghi comuni della cultura popolare (soprattutto cinema e cartoon), Smith continua a disegnare le sue striscie di celluloide attorno alla variopinta umanità che costituisce il tessuto culturale ed economico di un America ferocemente condizionata dal monopolio delle grandi catene commerciali.

 

Personaggi abituati a consumare in fretta interessi e passioni; feroci catalogatori di abitudini e tendenze, tracimate attraverso una visione del mondo a dimensione personale eppure capace di parlare un linguaggio universale perché nutrito  dagli stessi bisogni consumistici dei loro spettatori. Una generazione da sempre abituata a sbarcare il lunario con stratagemmi tanto assurdi quanto divertenti, e che qui, dopo i riferimenti più o meno espliciti dei precedenti episodi

(ricordiamo l’esibizione erotica con l’Asino nell’ultimo “Clerks 2”) si cimenta nella mercificazione dell’atto amoroso concepito come mero strumento di guadagno ed allo stesso tempo cinico artificio per mascherare la vulnerabilità della sfera sentimentale.

 

Senza soldi e con l’affitto da pagare, Zack e Miri ( rispettivamente Seth Rogen ed Emily Banks) sono i protagonisti di un menage che si ferma davanti alle rispettive camere da letto (il sesso complica i rapporti) fino a quando i due, costretti dalle ristrettezze economiche, decidono di risolvere i loro problemi problemi girando un film porno, in cui, insieme ad improbabili compagni di lavoro, dovranno rompere il patto di astinenza, consumando la loro prima volta davanti all’occhio delle telecamere.

 

Girato con una scioltezza e una semplicità che da sole sono già un atto di irriverenza verso le regole di un movimento (indie) a cui piace esibire il proprio talento, “Zack e Miri”  gioca con lo spettatore attraverso la solita costellazione di situazione irriverenti e battute al fulmicotone, in cui la presa in giro di quel film (l’ultimo Superman sbeffeggiato attraverso la proposizione di un Brandon Routh che interpreta un attore porno dichiaratamente gay) o di quella categoria (l’afroamericano ossessionato da possibili riferimenti razzistici) diventano il modo migliore per liberarsi dai propri pregiudizi. Ma questa volta il pretesto è troppo debole per sostenere il parolaio di caratteri e situazioni, mentre la regia, abituata all’esternazione incondizionata, non riesce a cortocircuitare i limiti di una visibilità  legata alla commerciabilità  del prodotto: Zack e Miri sono troppo buoni ed innamorati per creare scompiglio, mentre i loro compagni di viaggio assomigliano ad i motivi disegnati su una carta da parati. Così facendo il film si sposta sempre di più sulla coppia impegnata a risolvere i propri dilemmi amorosi e tralascia i motivi di interesse (e divertimento) legati alla sgangherata produzione del porno movie. Fatta eccezione per la scena in cui il tifoso ubriaco si ritrova nel mezzo di un amplesso organizzato all’interno del locale dove Zack lavora, riproposizione di un idea di un cinema “casalingo” che appartiene di diritto alla biografia del regista (“Clerks” fu realizzato nell’emporio dove Smith lavorava come commesso), e per le sorprese relative alla  festa con i vecchi compagni di scuola, costruite su misura per ribaltare il mito di giovinezza troppo spesso idealizzata e qui demolita attraverso la figura del campione di football di cui Miri è innamorata, la storia procede senza particolare originalità verso uno scontato lieto fine. Occasione mancata o rischio calcolato, Zack e Miri rimane un'altra tappa, seppur deludente, di una commedia umana da dimenticare per i visitatori occasionali, ma comunque imprescindibile per gli aficionados del regista americano.

 

 

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