Regia di Fruit Chan, Takashi Miike, Chan-wook Park vedi scheda film
Tre storie, tre registi molto differenti per stile, tre paesi rappresentati: Hong Kong, Giappone, Corea del Sud.
Ogni mediometraggio (in totale tre) descrive un mondo di sentimenti e limiti umani funzionali al genere in cui l'intento di fare paura, sinonimo di togliere certezze allo spettatore, viene raggiunto percorrendo strade diverse ma efficacemente e con la stessa intensità in ognuno degli episodi.
La visione di questo 'Three Extremes' mi ha destabilizzato non poco.
Già i titoli dei singoli episodi, brevi come i tasselli di questo mosaico variopinto, sono semanticamente e sonoramente lugubri e diretti: Cut, Dumplings, Box e ciò fa sì che lo spettatore si ponga nel climax giusto.
Solitamente non amo i film ad episodi uniti da un 'fil rouge', come andavano di moda negli anni passati.
Nonostante la limitata durata di ogni singolo 'tassello' (circa 40 minuti per ognuno) la 'carne al fuoco' è comunque tanta e consiglio, colui che può, di visionare i vari titoli uno alla volta facendo passare del tempo prima della visione successiva, come ho fatto io.
Questo per avere il tempo di far 'decantare' ciò che si vede ma soprattutto avere la possibilità di capire, o almeno di provarci, ciò che di 'malato' i vari registi vogliono descrivere.
Onestamente penso che la visione cinematografica di opere come questa, intesa come quella consumata nel luogo Cinema, viene penalizzata proprio dal limite di conseguenzialità che questa presuppone.
Considerate che gli episodi di Miike e Park Chan Wook sono tutt'altro che 'facili' mentre quello di Fruit Chan risulta più lineare; i primi due non deludono le aspettative mentre riguardo al terzo, per me sconosciuto, la visione del suo 'Dumplings' mi ha invogliato al recupero di altri suoi lavori.
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