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Gran Torino

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Gran Torino

di fixer
8 stelle

Qual' è la chiave per interpretare questo film? Non lo so. So solo che ci sono diversi temi che si rincorrono, si sovrappongono e forse si combattono. Il primo tema è quello della redenzione. E cioè il processo graduale che va dalla a-socialità all'immolazione. Un uomo come Kowalski, toccato duramente dalla guerra in Corea, ritorna a casa con qualcosa che gli è rimasto appiccicato e che gli impedisce di vivere una vita sociale normale. Ha ucciso 13 uomini, alcuni a sangue freddo e a colpi di badile. Ha ucciso uomini che gli chiedevano di essere risparmiati. Egli sa cos'è la morte, forse perchè non sa cos'è la vita. Non lo sa più, almeno. Sa cos'è la morte perchè egli stesso è un uomo morto. La sua morte la vive rifiutando ogni rapporto con l'esterno. La morte della moglie è il colpo finale. Passa ore seduto nella penombra bevendo birra e mangiando porcherie. Una malattia lo sta lentamente avvicinando alla tomba. Nulla da chiedere alla vita. Gli altri non esistono, anzi sono elementi ostili che vanno tenuti alla larga.
Il secondo tema si combina con il primo ed è l'intrusione nella sua vita di una etnia asiatica che egli ha combattuto. Brutti ricordi. Non vuole avere nulla a che fare con loro ma queste persone si avvicinano a lui (anche se il primo episodio è un tentativo di furto) e poco a poco lo aiutano ad uscire dalla tomba che è la sua casa. Quello che in Corea era stato lo scontro fra musi gialli nemici e lui, americano di origine polacca, ora diventa motivo di incontro. Sono loro che lo aiutano  e questo, per il suo cuore di pietra, ha un valore catartico. Il peso che ha dentro, il peccato che ha commesso ("Padre, mi perdoni, perchè ho peccato" dice in confessionale al prete irlandese) lo morde dentro, lo distrugge lentamente e lo precipita sempre più nella tomba. Lo sciamano che incontra a casa della famiglia Mhong ha capito tutto. "C'è qualcosa in te che ti fa stare male, qualcosa di cui non riesci a liberarti".
C'è infine il tema dell'educazione. una educazione dura, all'antica, fatta di rimbrotti, insulti ma anche di consigli ed aiuto. Proprio quel che ci vuole per il ragazzino imbranato che non riesce a scrollarsi di dosso la propria apatia, la propria timidezza. La scena finale è il suggello coerente di un percorso morale che riguadagna Kowalski al consesso umano e al tempo stesso  ne richiede l'auto-sacrificio come compensazione di un debito di sangue che da sessant'anni lo tormentava. Kowalski è rientrato nella Chiesa (la confessione ne è il segno), è rientrato nella comunità umana, è uscito dalla sua tomba e vi ci rientra da uomo in pace, la pace che per 60 anni ha invano cercato e che solo ora ha ritrovato. I tre temi si combinano perfettamente nella scena finale degna di un grande regista. Quasi non si vede: è immerso nell'oscurità. Un'ombra minacciosa si erge davanti alla casa in cui si riuniscono i teppisti. Umbra mortis. La morte che chiama a sè la morte. La morte che può finalmente riposare in pace. Un ottimo film.

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