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Come Dio comanda

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Come Dio comanda

di hallorann
4 stelle

  “…nel piano di Licio Gelli (la Loggia Propaganda 2) per prendere il potere in Italia, c’era un’idea chiara: attraverso la TV si può abbassare il livello del gusto. Se scende la qualità delle storie, della recitazione, della comunicazione, anche il tuo sguardo sulla realtà si appanna. Penso che il cinema abbia questo dovere: filmare l’invisibile quello che la TV non ci farà mai vedere…per questo il cinema deve stare molto lontano dalla TV…”.

Dichiarazioni forti e importanti quelle del regista Gabriele Salvatores, peccato però che i suoi ultimi film sono lontani sia dalla TV (per fortuna!) che dal cinema (ahinoi!). Egli dopo vent’anni di regie teatrali negli anni ottanta è approdato al cinema con KAMIKAZEN e la quadrilogia sulla fuga. Da MARRAKECH EXPRESS a PUERTO ESCONDIDO, passando per l’Oscar a MEDITERRANEO. Opere che hanno rinnovato e rinfrescato la commedia italiana raccontando la generazione dei post-sessantottini e post-77. Ha lanciato una nuova leva di prim’attori e caratteristi, quasi tutti provenienti dal suo alveo teatrale. Nel ’97 ha firmato con NIRVANA, il suo film più ambizioso, una commedia ambientata nel futuro alla BLADE RUNNER, una sorta di chiusura del suo primo cinema. Da rivalutare. Nel 2000 è stata la volta di DENTI, tratto dal bel romanzo di Domenico Starnone. A tutt’oggi il più interessante e profondo. Dal 2001 ha girato il vuoto e inutile AMNESIA, l’imperfetto e inferiore al romanzo d’origine IO NON HO PAURA e lo scialbo QUO VADIS BABY. Nel 2008 ha deciso di bissare le incursioni nel noir, portando sul grande schermo l’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti COME DIO COMANDA. Gli ultimi due romanzi del quarantenne scrittore romano sono quanto di meglio la nostra letteratura ha saputo produrre in questi anni. Libri dallo spirito avventuroso, radicati nelle profondità della nostra società e inoltre, violenti, sboccati, densi, carichi di suspense e ritmo. Da leggere tutto d’un fiato. Lontani dai best-seller usa e getta di Giorgio Faletti.

Rino e Cristiano Zena sono padre e figlio, vivono ai margini di una provincia del Nord-est. Rino non ha un lavoro fisso, è un nazistoide che educa il figlio adolescente secondo quei principi. Il loro rapporto è viscerale, fortissimo, di reciproca venerazione. Rino rischia di perdere il figlio per la sua squinternata condotta di vita, entrambi però beffano l’assistente sociale ad ogni incontro di verifica. Come unico amico hanno il ritardato “Quattro Formaggi”, un ragazzotto che vive solo in una casa-tugurio in cui allestisce un curioso e gigantesco presepe ed è ossessionato dalla visione di un film porno. Rivede sempre le stesse scene in cui appare la protagonista Ramona. I tre trascorrono le giornate alla ricerca di lavoretti, cazzeggiando all’aria aperta, facendo tiri con una pistola e poco altro. Cristiano a scuola scrive un tema razzista che potrebbe pregiudicare il futuro con il padre. Non lo consegna. E’ timido e schivo anche con le compagne di scuola. Una di queste, Fabiana, viene notata da Quattro Formaggi. Nella sua mente disordinata la scambia per Ramona, la sua eroina onanista. In una notte buia e tempestosa la insegue con il motorino, attira la sua attenzione simulando un incidente vicino ad un bosco. Da un tentativo maldestro di violenza succede l’irreparabile. La ragazza batte la testa e muore. Quattro chiama Rino in aiuto…

Salvatores, con l’apporto dello stesso Ammaniti in sceneggiatura, snellisce troppo il romanzo eliminando un personaggio, sfoltendo all’eccesso i caratteri, riducendo ai minimi termini indagine e denuncia sociale su un’Italia precaria e consumistica. Nel finale si riallaccia a quel filo rosso che lega tutti i suoi film cioè l’amicizia virile, unico colpo d’ala. Per il resto delude, il regista come già in QUO VADIS BABY, non ha il noir nel sangue e si vede. La suspense e i momenti thriller sono totalmente inesistenti, vedi la scena-clou del bosco. Qualche inverosimiglianza (la scena del cadavere sul furgone), attori sbagliati e acerbi (Timi, De Luigi e Caleca) e uno bravissimo che meritava di più, Elio Germano/Quattro Formaggi. Ogni volta che è in scena il film guadagna punti. Per il resto occasione sprecata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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