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Twilight

Regia di Catherine Hardwicke vedi scheda film

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La recensione su Twilight

di ROTOTOM
2 stelle

Anna Rice nel 1994 espresse il suo disappunto per la scelta di Tom Cruise nella parte della sua creatura letteraria, il vampiro Lestat per la riduzione cinematografica di Intervista col Vampiro di Neil Jordan. Quando vide il film, magnifico e terribile, con il trio Cruise - Pitt – Banderas  prestare elegantemente la loro beltà ad una dannazione senza tempo, si scusò pubblicamente. Questa è solo una delle centinaia di declinazioni che il vampiro ha avuto nella sua carriera cinematografica, mostro classico che esiste nel folklore di ogni popolo dalla notte dei tempi e che la letteratura prima e il cinema poi hanno trasformato in icona di perdizione e sensualità, assimilando l’atavica sete del fluido vitale umano alla decadenza romantica dell’ abbandonarsi ai sensi, voluttuoso e  sfrenato.
Sarebbe interessante sentire a tal proposito cosa avrebbero da dire gli spiriti di Max Schreck, il Nosferatu (1922) di Murnau, di  Bela Lugosi, Dracula per Todd Browning (1931) maschera lasciva e necrofila ammantata del fascino nobile dell’attore ungherese o  di Christopher Lee  immortale Conte Dracula della Hammer degli anni ‘60 concentrato di esplicita sessualità, riguardo quel fenomeno popolare della saga di Twilight (2008), must tra gli adolescenti di tutto il mondo.
Oppure avere un’opinione di Bram Stoker scrittore di Dracula (1897) e creatore della figura principe del vampiro, e Sheridan le Fanu,  pastore protestante irlandese dalle notti impregnate di sogni lubrici sublimati nella sua icona Carmilla (1872), l’adolescente vampira dal languore saffico più che pronunciato.
Bei tempi, quelli del puritanesimo vittoriano, sotto le cui gonne ardevano le braci di passioni inconfessabili e a ben vedere felicemente insopprimibili.
Sopprimere è invece l’occupazione principale di questi anemici succhiasangue della nuova America puritana che anelano e soffrono, enunciano patemi d’amore, desiderano autocastrandosi con abnormi sensi di colpa e che alla fine non toccano mai una tetta. Figuriamoci il sangue. Twilight (e i suoi seguiti) è soprattutto un pessimo film e in seconda battuta un vaso di pandora ripieno di tensioni represse e libertà negate per ideologia. Il trucco di Stephenie Meyer  scrittrice della saga, è stata quella di far confluire i primi sussulti d’amore e passione post adolescenziale in una metafora sbiadita della perdizione dei non morti, un depresso melò fatto di pose, dichiarazioni posticce in cui ci si racconta il desiderio, estetica ruffiana del nuovo modello emo tendenza giovanile affascinata dall’eternità, dalla morte e dalla confusione sessuale. Un successone, ripreso pari pari dal film che fa dell’estasi dell’estetica il cardine intorno al quale i protagonisti si intontiscono. Patetico e stucchevole come una fiction di medio pomeriggio, Twilight è il fallimento del linguaggio cinematografico venduto al testo filmato in  continui primi piani narranti, male, una storia fatta di romanticume da cartiglio di cioccolatino.
Il messaggio del film è altrettanto aberrante, la ricerca dell’immortalità che renda cool per sempre e  per sempre l’amore bloccato in un’eternità sfiancante è perfettamente in linea con la cultura contemporanea sempre più povera di filosofia di vita e sempre più alla ricerca del siero dell’eterna giovinezza. In realtà le cose della vita hanno un senso perché finiscono e perché non si sa quando  finiscono. Il pensare a Bella ed Edward perennemente marmorizzati in un’espressione ebete d’amore soffocato e platonico è rivoltante.
Cose da sociologi, tornando al film, Twilight e il suo scontro tra vampiri buoni – fighetti e ombrosi, modellati su canoni estetici e sociali di alto livello – e vampiri cattivi – il negro, la troia, il buzzurro, vestiti in un look trasand-etnico studiato nei minimi particolari- è forse la peggiore trasposizione cinematografica del mito vampiresco di sempre.
I vampiri incarnano il dissoluto piacere della corruzione, sono creature della notte che al sole si inceneriscono e il loro pallore ricorda lo spettrale bagliore della luna, astro secco di vita quanto avido di desideri e poesia. Negli anni il cinema ne ha aggiornato i canoni  trasformando di volta in volta la sete di sangue in tossicodipendenza come in The Addiction (1995) di Abel Ferrara splendido film in un acido bianco e nero;  psicosi, in Martin (1978) di George Romero per una volta in vacanza dai suoi amati zombi; malattia, nel bellissimo e inedito Thirst di Park Chan-wook, film vincitore del Premio della Giuria a Cannes 2009, storia di un prete in conflitto con la sua nuova natura di creatura della notte (E-Mule in questo caso si rivela estremamente utile)
oppure ricalcandone gli stilemi secondo le opere letterarie: Bram Stoker’s Dracula (1992) di Francis Ford Coppola, barocco ed eccessivo è il capolavoro che mostra la genesi e la vera perdizione del non morto. In questi film come in quelli del vampiro classico, Eros e Thanatos si mischiano nella mistura ematica succhiata dal vampiro, il corpo è scosso da dolore e passione, il  bene e il male hanno margini labili che si corteggiano e si corrompono a vicenda.
In Twilight non c’è nulla di tutto questo, tutto è subacqueo, anestetizzato e sterile.  E’ un film figlio della paura che si adagia su un puritanesimo cattolico militante il cui fondamento è  Controllo uguale Purezza uguale Salvezza, rifiutando anche la catarsi per immagini tipica del cinema d’orrore, cristallizza quella paura in una condizione di passività innaturale.
 “Vieni ti faccio vedere come sono realmente alla luce del sole” dice Edward a Bella. Lo confesso: mi aspettavo una trasformazione in un essere dell’aldilà ostaggio di un vigoroso priapismo che rivoltasse Bella come un calzino e ne suggesse il succo come da un’arancia spremuta. E invece al sole Edward “brilla” glitterato come la peggiore delle starlette da avanspettacolo.
Se va avanti così c’è da attendersi un lupo mannaro ricoperto di paillettes  e una mummia bendata con boa di struzzo e tulle. Nel 1974 Paul Morrisey diceva Dracula cerca sangua di vergine e…..morì di sete. Erano altri tempi.

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