Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film
Ideale per chi ami il sangue e la volgarità nei film in armatura e ripugni qualsiasi genere di smanceria stilnovistica.
L'abbondanza di stereotipi è cosa buona e giusta se l'obiettivo conclamato del regista è fare cinema di entertainment e non cinema veristico. Volete realizzare un bel film ambientato nell'epoca dei castelli, dei monasteri e dei mercenari? Metteteci dentro quanti più luoghi comuni possibile: la disinibizione sessuale, le credenze, la peste, la quantità industriale di prostitute, l'alcool a fiumi, tutto fa brodo e concorre al risultato. Da donchisciottesco seguace degli scritti di George Martin, è solo in questi luoghi comuni, ormai, che ritrovo l'essenza del Medioevo (qui siamo a inizio '500, ma poco importa). Dimenticate l'amor cortese, riponetelo in un baule o buttatelo via. Verhoeven peraltro si ritrova perfettamente nel suo elemento, dato che la cifra stilistica del suo cinema è proprio la violenza, l'ipersessualità, la volgarità spinta. In tutto questo disordine morale, abbiamo però il giusto trionfo finale della scienza e della conoscenza sulla superstizione e sull'ignoranza. Il manipolo di mercenari balordi e di puttane ridanciane (e odiosissime) viene spazzato via dal rinascimentale ingegno del figlio del signore. Ed è un momento catartico, che reca non poco godimento. Interessante che i protagonisti della storia e nel contempo i villains, siano i mercenari, che ce la mettono tutta per farsi detestare a morte; e che lo spettatore sia portato a parteggiare per i nobili, i quali per primi tradiscono la fiducia dei mercenari e generalmente sono loro a farsi detestare dall'alto della loro aristocratica arroganza. Per concludere, non so dove lessi che Rutger Hauer dopo Blade Runner (che comunque, per usare un eufemismo, non è un'opera che amo alla follia) non abbia imbroccato più un film. Il dittico storico/cavalleresco Ladyhawke - Flesh+Blood invece merita parecchio.
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