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Gli amori folli

Regia di Alain Resnais vedi scheda film

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La recensione su Gli amori folli

di PompiereFI
6 stelle

E’ appurato che il maturo Alain Resnais gira in stato di grazia. “Les herbes folles” non è un’eccezione, per fortuna. Indugiando sulla folta chioma di capelli rossi e ricci di Azéma, sfarfallando all’interno di un appartamento per raccontare di un tormentato passato familiare che ridiventa presente e piacevole, allontanandosi timido per lasciare i personaggi alle loro confessioni, rabbuiando il filtro della sua macchina da presa per dar modo di accendere la luce e rendere magnificamente l’idea del trascorrere del tempo. 

Imbevuto di una dolcezza ambiguamente crudele, lo stile di Resnais diventa quasi un fotoromanzo strambo con ricorrenti sfumature e chiusure su di uno schermo nero, che concede poco al sentimentalismo tout court perché si fa spumeggiante, emancipato e lacunoso come l’Amore. Si perde un po’ tra i facili simbolismi del colore dei semafori, di soldi gettati su di un tavolo di un bar, tra occhi annacquati da elementari romanticismi e mani arrendevoli sulla poltroncina del dentista. O su di una cerniera lampo che invita a sfidare la gravità degli amori azzardati. Non sempre centra il bersaglio, perdendo per strada l’utilizzo della voce narrante la quale ritorna ad essere intensa solo in chiusura.

Tuttavia i grandi alleati (più che attori, oramai) del regista francese, giganteggiano senza pari. Creature superficiali e pitturate (!), brillano con discontinuità come desidera il Maestro e agiscono in modo illogico e un po’ assurdo. Sabine Azéma recita con i piedi, e in questo caso non è motivo di dissenso: corteggia e accarezza un aeroplano allo stesso modo in cui lusinga un André Dussollier coraggioso e opprimente allo stesso tempo, tenacemente devoto alla fatalità e alla comprensione del destino.

Esistono erbe che nascono dove meno te lo aspetti. Spuntano improvvise in mezzo all’asfalto, si ergono verdi e rigogliose nonostante il cemento e i gas che le circondano. Fanno capolino da sotto le ceneri del conformismo. E a volte sopravvivono.

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