Regia di David Fincher vedi scheda film
La storia di una vita vissuta al rovescio poteva fornire vari appigli narrativi ed allegorici: la prospetticità dei problemi quotidiani, la lettura retrograda degli avvenimenti storici e dell'evoluzione tecnica, il ribaltamento dei rapporti umani e la distorsione della propria visione di sé stessi e del tempo. Peccato che in questo film non ci sia nulla di tutto ciò: la storia di Benjamin Button è quella di qualunque altro essere umano, o meglio ancora, è quella che hanno praticamente tutti i protagonisti del moderno cinema made in Hollywood (troppo stereotipata ed infarcita di retorica per poter risultare realistica ma al contempo troppo dozzinale per riuscire a stupire), spalmata per quasi tre estenuanti ore in grado di mettere davvero a dura prova la pazienza anche degli spettatori più rodati. Il tutto condito da una sottotrama romantica che sembra uscita da un romanzo Harmony degli anni '70, da un colpo di scena prevedibile come la morte, da trame secondarie noiosissime (palesemente inserite solo per allungare il brodo) e da degli effetti speciali troppo invasivi per non infastidire. Anche se la lista sarebbe lunga, credo possa essere considerato uno dei film più pretestuosi di questo ultimo paio di decenni. Resta un'idea di base interessante: se uno si accontenta può leggersi la trama su internet e sprecare cinque minuti invece di due ore e cinquanta.
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