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Operazione Valchiria

Regia di Bryan Singer vedi scheda film

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La recensione su Operazione Valchiria

di spopola
7 stelle

Non si può pretendere la corrispondenza assoluta coi fatti della Storia da un’opera commerciale e di “finzione” come questa. Il risultato è comunque positivo e la suspense assicurata. Riportare alla luce simili tragici avvenimenti è poi fondamentale perchè, aiuta a non “dimenticare” come si vorrebbe invece che accadesse.

Più che discreto il risultato pratico di una pellicola che trae forza e vigore proprio dalla perfezione del suo meccanismo a orologeria che si sviluppa con credibile coerenza e con un crescendo avvincente quasi parossistico. La tensione è costante, non ha cedimenti, segno evidente che il ricongiungimento di Singer al suo sceneggiatore “originario” (il Christopher McQuarrie de “I soliti sospetti) ha dato i suoi positivi frutti, poiché un risultato di “tenuta” proprio sotto questo profilo non era poi così scontato, visto che – trattando della ricostruzione, sia pure romanzata, di un fatto storico e reale – sapevamo già tutti come sarebbe andata a finire. Non è quindi un merito di poco conto quello di aver saputo tenere alto il pathos del racconto facendoci persino “immaginare” nell’andamento frenetico della concitazione, che le cose avrebbero potuto addirittura prendere una differente (impossibile) piega. La costruzione dell’intrigo è abilmente orchestrata e, anche se non sono particolarmente documentato sui fatti se non per reminiscenze ormai lontane, mi sembra che si sia rispettato abbastanza pure l’andamento generale delle circostanze, compreso il “corto circuito” delle notizie e delle informazioni, oltre che quello della “la scelta di campo” (inevitabile) di coloro che erano delegati alla trasmissione degli ordini, due fattori essenziali che contribuirono indubbiamente a neutralizzare il risultato di un complotto arrivato davvero a un passo dal concretizzarsi veramente, annullando i possibili risultati di un attentato che in ogni caso avendo “mancato” il bersaglio primario (l’eliminazione fisica di Hitler) immagino che alla lunga non poteva che confrontarsi con il proprio fallimento. Più enfatizzata in positivo, la “dinamica” delle motivazioni che portarono i congiurati ad “osare” l’impossibile (qui troppo “angelicati” e buonisti, pur con molte sfumature non secondarie che evidenziano se non nell’eroe , in alcuni dei “comprimari” - e mi riferisco anche per questa definizione alla struttura del film e non alla realtà oggettiva - opportunismi persino camaleontici di adeguamento “in progress”. Sappiamo dalla storia che gli intenti non erano così “adamantini” come ci vengono rappresentati,ma non mi sembra che in questo caso possa essere il “problema” etico dell’analisi motivazionale delle azioni ad inficiare il giudizio sul risultato pratico del film. Per chi vuole approfondire, ci sono infatti fonti molto più esaustive e pertinenti che non una pellicola “commerciale” studiata con l’intento di avere successo anche in termini economici... e in ogni caso per quanto mi riguarda, sono già così disincantato da sapere da un pezzo che l’idealismo assoluto delle buone intenzioni è merce rara, tanto da non sorprendermi né meravigliarmi se comunque certe cose in positivo, sono originate da intenti più ambiguamente sfumati… e n questo caso, dobbiamo tutti concordare che se, indipendentemente dalle ragioni pratiche delle “spinte” (morali o di comodo) la deflagrazione della bomba avesse sortito l’esito sperato, pur non potendo immaginare cosa davvero sarebbe potuto accadere dopo,si può sicuramente dare per scontato che niente sarebbe stato peggio di come è andata realmente. Ci sono quindi da accettare molti cliché hollowoodiani persino nella “americanizzazione” dei tratti somatici dei congiurati (così poco ariani) a partire proprio da Tom Cruise che però riesce questa volta a dare molta più “credibilità di tenuta recitativa” al suo personaggio (il Colonnello von Stauffenberg, vero motore dell’impresa ed effettivo capo carismatico della rivolta finalizzata a ribaltare l’intero regime nazista), che non in altre più decantate imprese. Quindi prendiamo il tutto per quello che è, senza pretendere la documentarizzazione assoluta che non sarebbe stata in ogni caso possibile (sono pochissimi, i casi in cui un film comunque di finzione, “racconta” davvero tutta la verità storicamente verificata dei fatti rappresentati, e non ce ne lagniamo troppo se comunque, come in questo, caso l’impatto complessivo è positivo e la suspense assicurata, perchè in un periodo di pericoloso e inaccettabile revisionismo come quello che stiamo attraversando, riflettere comunque su certe cose, è utile e produttivo, aiuta a non “dimenticare” come si vorrebbe che accadesse). Da mettere all’attivo della pellicola poi anche l’eccellente ricostruzione di una Berlino d’epoca, una volta tanto meno digitalizzata del necessario e più credibilmente realistica. Insomma… niente di assolutamente straordinario ovviamente, un film tutto giocato sullo schema classico degli “arrivano i nostri” dove però purtroppo alla fine i “nostri” o quelli che dovremmo considerare tali, hanno la peggio e sono costretti a soccombere (ma solo perchè la realtà dei fatti non può essere cambiata, altrimenti…). Per quanto riguarda Singer comunque, dovremo in ogni caso abituarci (e convincerci) che non ci troviamo di fronte ad un intrigante autore con la A maiuscola (basta guardare i risultati concreti del suo percorso per essere certi di questo): lui è e rimane un buon mestierante artigianale che può, se vuole, portare a compimento opere di discreta fattura, soprattutto quelle che lo vedono più partecipativo in relazione al proprio sentire (e la fascinazione del “male”, l’analisi delle motivazioni e delle cause dell’ambiguità dell’animo umano, sono indiscutibilmente le molle prioritarie che animano le sue scelte più personali e riuscite). E’ indiscutibile allora che proprio quello può essere considerato il suo “terreno d’elezione” dentro il quale si trova più a suo agio. Bisogna solo vedere quanta voglia ha di immergercisi dentro però.. e questa volta pur riconoscendone l’affinità, probabilmente non è strato in grado (o non ha voluto) “calcare” la mano fino in fondo come sarebbe stato necessario. Conclusione finale? Forse avendo una gamma più articolata di giudizi su cui poggiare il proprio “metro” sarebbe per me maggiormente appropriato assegnargli *** e ½, ma visto che ciò non è possibile, mi fermo a tre perché sarebbe ingiusto ed inopportuno con le quattro stelle, equipararlo a pellicole che hanno meglio e più profondamente rappresentato il mio sentire.

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