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Milk

Regia di Gus Van Sant vedi scheda film

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La recensione su Milk

di mc 5
10 stelle

C'è chi mi ha rimproverato bonariamente circa l'esagerata lunghezza delle mie recensioni. Verissimo, devo imparare la sintesi e mi riprometto di dimezzare al più presto il contenuto medio dei miei scritti. Ma stavolta non credo che riuscirò a trattenermi, anzi probabilmente andrò oltre la mia consueta lunghezza, tali e tanti sono gli spunti e le considerazioni che la visione di questo splendido film mi ha ispirato. Si tratta di un'opera diretta secondo gli stilemi classici del "racconto drammatico" di stampo americano. Racchiude le azioni e il senso della vita di un uomo, Harvey Milk, che mise la propria esistenza al servizio della lotta per i diritti civili delle minoranze e in particolare dedicò tutto sè stesso all'affermazione dei diritti della comunità omosessuale di San Francisco, città che ciascuno di noi nel proprio immaginario ha sempre collegato ad un'oasi di libertà sia per i gay che per gli hippies. Ma non è sempre stato così, come viene evidenziato nel film, e certe conquiste, ammesso e non concesso siano state mantenute, hanno comportato un prezzo molto caro. Io (e credo la maggioranza di noi tutti) prima di questa visione, ignoravo l'esistenza di questo Milk, mentre in realtà pare sia già da tempo un'icona nell'ambito della battaglia (che in realtà non è mai finita) per la consapevolezza dell'identità dei gay di tutto il mondo. E qui sto per addentrarmi in un universo, quello del movimento gay, che confesso di non conoscere affatto, ma mi pare sia anche ovvio visto il mio status di eterosessuale. Voglio essere molto chiaro e sincero su questo punto, soprattutto nei confronti di chi, omosessuale, mi sta ora leggendo. Il mio rapporto con il "pianeta gay" è sempre stato finora pressochè nullo, un pò perchè non ne ho mai avuto l'occasione, ma anche perchè, lo ammetto, ho sempre cercato di tenermene a debita distanza, dato che i miei sentimenti verso chi ha scelto quella strada sono sempre stati improntati ad un certo imbarazzo, che (attenzione) non è un rifiuto ma solo una necessità dettata da un ingiustificato ma ben radicato timore. Questo film, lo devo riconoscere, mi ha (anche se solo parzialmente) aiutato a superare questo muro di diffidenza e di sospetto che mi ha sempre indotto ad evitare qualsiasi contatto con persone aventi inclinazioni sessuali diverse dalle mie. Fermo restando che, poco ma sicuro, niente e nessuno riuscirà mai a convincermi a modificare la mia condizione di eterosessuale (con tutto il rispetto possibile per chi ha tendenze diverse!). Il film è magnifico e ha la capacità di coinvolgere lo spettatore senza mai abbandonarlo a momenti di noia, e da questo punto di vista lo stile classico della narrazione si rivela infallibile. La pellicola inizia dalla fine, proponendoci un Sean Penn solitario e malinconico, seduto mentre detta la storia della sua vita politica e privata alla bobina di un registratore, mentre i suoi pensieri sono già gravidi di presagi drammatici. Chi è gay oggi, forse non avrà una vita facilissima, ma di sicuro ha a sua disposizione tutta una rete di guide, di locali, di associazioni a cui fare riferimento. Ma per conquistare tutto ciò si sono resi necessari anni di battaglie per la libertà e contro il pregiudizio: come si vede dal materiale d'archivio che scorre sullo schermo sui titoli di testa, non sono mancati i momenti bui, in cui chi era omosessuale viveva come braccato, inseguito, fatto oggetto di intimidazioni e minacce, nonchè di repressioni, sia in forma privata sia ad opera di una polizia duramente omofobica ed intollerante. Il film ci racconta la figura di un uomo che scelse, senza troppe meditazioni e seguendo semplicemente quello che la sua natura di uomo libero gli suggeriva, di mettere le sue giornate e la sua generosa passione al servizio di un ideale di buon senso comune, di convivenza civile, un'idea di modello sociale in cui la repressione e la sfida al diverso non avessero ragione di esistere. Una persona fondamentalmente buona e dotata di senso civile, pur restando esposto alla debolezza dei sentimenti umani e come tutti noi vulnerabile di fronte all'eventualità di innamorarsi di qualcuno. Il film è sceso subito in lizza fra i candidati all'Oscar com'era prevedibile e giusto, sia per l'appassionata regìa di Gus Van Sant, sia per un cla-mo-ro-so Sean Penn sul quale più avanti spenderò qualche fiume di parole elogiative. Non ho problemi a dichiarare che non sono un fan della prima ora di Van Sant, regista che spesso ho trovato ostico e piuttosto lontano dalla mia idea di cinema, pur avendone molto apprezzato un paio di precedenti opere. Ma qui la mano del regista si rivela particolarmente felice nel rendere la fruizione della pellicola molto fluida e coinvolgente, cosa che in passato Van Sant ha spesso evitato preferendo scegliere strade più ardite e difficili. La pellicola è impregnata di sentimenti, di passioni e tenerezze viste dall'ottica di chi è omosessuale; non ci sono scene di sesso, ma tanti momenti di manifestazioni d'affetto fra gay: confesso che io per primo ne sono rimasto dapprima imbarazzato ma di mano in mano che le immagini scorrevano la cosa mi appariva sempre più naturale e non poi così sconvolgente e, guardandomi intorno, in una sala che presumo popolata per lo più da eterosessuali, non ho notato reazioni, brontolii o manifestazioni rumorose di fastidio; mi piace interpretarlo come un segno maturo di tolleranza e comprensione. E d'altra parte la regìa di Van Sant è talmente "classica" nella sua impostazione da raccogliere l'attenzione e il consenso anche da una platea non omosessuale. E veniamo ad uno strepitoso cast, lasciandone volutamente per ultimo il mattatore. Molto bravo Diego Luna nei panni di uno sfortunato e complessato amante di Milk. James Franco superlativo nelle vesti del compagno ideale di vita di Milk, quello con cui visse la storia più intensa ed appagante. Eccezionale poi Emile Hirsch, in un ruolo che credo abbia sorpreso un pò tutti, se pensiamo che Hirsch aveva imperversato la scorsa stagione con quell' "Into the Wild" in cui si era impresso nei nostri cuori con un'immagine lontanissima da questa. E poi c'è uno dei miei attori preferiti in assoluto, il mitico Josh Brolin, una delle più belle "facce da cinema" in circolazione; uno di quegli attori dotati di una forza espressiva talmente imponente da marchiare a fuoco ogni personaggio che interpreta e costruendo ogni volta un piccolo monumento di recitazione. E finalmente veniamo al "Gigante". Gigante nell'arte come nella vita, mi verrebbe da dire. Ma voi ve lo ricordate quel giovanotto che, fresco sposo di Madonna, non perdeva occasione -"aiutato" parecchio dall'abuso di alcoolici- per attaccare briga con chiunque e per terminare ogni nuovo incontro con una scazzottata?? Ebbene, a quella testa matta fuori da ogni controllo si è sostituita una persona che ha lottato per migliorarsi fino a raggiungere un impensabile livello di maturità e di profonda consapevolezza. Una consapevolezza che lo porta spesso ad esporsi pericolosamente in prima persona nei confronti dell'establishement americano. Come quando, a causa di un episodio di un film sull'11 Settembre, si tirò addosso gli strali di ambienti vicini all'amministrazione Bush e di molta altra gente che lo fece oggetto di pesanti campagne denigratorie e di insulti e minacce di ogni tipo. Ma lui, animato da una passione fuori dal comune, si fece sempre più determinato accompagnando a questo cammino verso la consapevolezza una sempre più elevata qualità professionale ed un percorso di crescita umana e personale. C'è poi un aspetto, perfettamente coerente con quanto ho appena scritto, e che mi riservo di approfondire: ho letto da qualche parte (e ho visto in rete anche delle foto che lo documentano) che Penn è stato più volte sui fronti caldi della guerra -almeno un paio di volte a Bagdad- ma assolutamente non come attore, ma bensì a titolo personale, per soddisfare un suo intimo bisogno di conoscenza; su questi viaggi ha realizzato dei reportage pubblicati da giornali americani, che vorrei tanto trovare su internet ma la mia ricerca si sta rivelando impossibile, anche a causa del mio inglese molto scarso....peccato). E così l'immagine di Penn che più mi piace conservare oggi nella memoria è quella di un uomo che, solitario, prende su e va a New Orleans a portare il suo personalissimo aiuto agli alluvionati...Ecco: QUESTO è oggi Sean Penn. Ma esiste un altro aspetto, questa volta professionale, che vorrei affrontare. Devo confessare il mio imbarazzo di fronte a certe recenti svolte nelle sue scelte di recitazione: Sean aveva sposato negli ultimi tempi uno stile interpretativo a detta di molti "eccessivo" che rischiava di condannarlo ad una sorta di gabbia autoreferenziale di cui forse lui nemmeno si rendeva conto, offrendo performance sempre troppo "cariche" di eccessi, facendo pronunciare a molti la fatidica parolina..."overacting". Ma a questo punto dev'essere successo qualcosa che ha del miracoloso, perchè in "Milk" di quegli eccessi non v'è più neanche la minima traccia. Io non ho parole per esprimere la mia soddisfazione di fronte alla qualità di questa sua prova d'attore (superba? suprema? superlativa?). Ed è un piacere quasi fisico osservarlo "indossare" questo ruolo: i movimenti, la postura, la camminata, gli sguardi...è un'apoteosi di perfezione creativa e soprattutto l'evidente frutto di un immenso studio sul personaggio svolto dall'attore prima di accingersi a quest'avventura professionale. PS: sui titoli di coda, scorrono le immagini dei singoli attori accostate a quelle, in bianco e nero, dei volti dei VERI protagonisti della vicenda: è uno dei momenti più belli e commoventi del film.
Voto: 10

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