Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film
Film di guerra molto sui generis che ha il gran merito di non cercare la spettacolarizzazione ad ogni costo del conflitto armato. Contestatissimo l'Oscar ricevuto come miglior film, ma scelta non certo scandalosa, considerata la modesta concorrenza nell'anno in questione.
Se è vero che i premi Oscar causano controversia praticamente un anno si e uno pure, è altrettanto vero che alcune nominations, per non parlare di vincitori, sono fonte di maggior scalpore/scandalo rispetto ad altri. “The Hurt Locker”, diretto dalla regista cult Kathryn Bigelow, rientra certamente in quest'ultimo gruppo. Il suo trionfo al gala degli Academy Awards nel marzo 2010 è stato causa di infinite polemiche fomentate da accuse di parzialità dei più svariati tipi. Si andava dal “In piena crisi finanziaria doveva vincere un film che esaltasse i valori USA” a “Doveva vincere per forza una donna” passando per “Doveva vincere un film di condanna della guerra”. Insomma, critiche abbondanti ma di natura talmente diversa, a volte praticamente opposta, da annullarsi le une con le altre. Il film della Bigelow non è un capolavoro, riconosciamolo. E non è nemmeno un manifesto antimilitarista, né credo fossero queste le intenzioni dell'autrice. Ma non per questo siamo di fronte a un film “destrorso” (e men che meno fascista) o sguaiatamente patriottico. Dove? Perché? “The Hurt Locker” è un film di guerra “asettico”, non condizionato cioè da adrenalinici bisogni di trasformare tutto in casciara solo perché si è in guerra, e pienamente riuscito invece nel mostrarla tale adrenalina -rendendola in pratica la vera protagonista- come padrona assoluta del soldato/uomo in guerra, non di semplici scene di film. L'Oscar come miglior film non fù quindi ingiusto, semmai solo “minore”, nel senso che la concorrenza non era in quell'anno esattamente irresistibile. Si pensi agli altri candidati: “Up in the Air”, “An Education”, il cartoon “Up”, “A Serious Man”, “Inglorious Basterds” (lo so che qui su FTV Tarantino gode dello status di semi-dio e che richio quindi di prendere una salva di sputi, ma a me quel film non piacque neanche un po') o “Avatar”, il gran favorito, capolavoro di tecnica realizzativa ma che come opera intesa a 360 gradi lascia secondo me il tempo che trova.
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