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The Hurt Locker

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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La recensione su The Hurt Locker

di FilmTv Rivista
8 stelle

«La furia della battaglia provoca spesso una dipendenza letale […] La guerra è una droga». Parole che introducono un’“ordinaria” scena di terrore di strada a Baghdad. Tratto dai reportage iracheni del giornalista Marc Boal, The Hurt Locker apre con un’azione militare che pare uno sbarco lunare. Sul set giordano di Amman a ricreare l’Iraq, Thompson (Pearce), capo di una squadra di artificieri dell’esercito statunitense, cerca di disinnescare l’ennesimo ordigno. Tornerà a casa cadavere. Quel che resta di lui è in una scatoletta, tra le tante, in una stanza spoglia. Ai due membri della squadra, Sanborn (Anthony Mackie) e Eldridge (Brian Geraghty) si aggiunge allora il sergente maggiore James (Jeremy Renner, bravissimo): motivato alla follia e incurante delle procedure. La tensione è potente, nonostante l’andamento episodico dell’azione. Bigelow sa come dare grandiosità alla violenza, e grazie al super 16 raggiunge un tocco quasi documentaristico. Ci sono solo due star: una che muore subito e l’altra (Fiennes) spesa come un cameo. Non c’è una storia principale, non c’è uno sventolare di bandiere su cui commuoversi (vedi Nella valle di Elah, con soggetto sempre di Boal), né abbastanza teoria sul punto di vista (come in Redacted). Quindi è spiazzante, anche per la critica. Molto più facile liquidare con formule precotte («la regista testosteronica di Point Break») che sforzarsi di guardare (dentro) un film che si conficca nella realtà della guerra. Che è sporca – questo è dato per scontato – ma che qualcuno, con più o meno convinzione, deve fare. Bigelow, per restituirne la verità, assume proprio quel punto di vista. È un’idea, sono immagini, che danno fastidio a priori e inficiano il giudizio. The Hurt Locker invece gioca di continuo sulla sottilissima linea tra l’essere coraggiosi e drogati di adrenalina. E riporta tutto alla questione della scelta. Salvare vite, sparare, persino avere figli (attenzione alle differenze di genere, nelle scelte). E magari, a film visto, votare chi ritirerà le truppe. Altro che Rambo a Baghdad.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 41 del 2008

Autore: Raffaella Giancristofaro

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