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The Hurt Locker

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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maurri 63

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Hurt Locker

di maurri 63
4 stelle

Si doveva premiare una donna, dopo cento e passa anni. E, a ben guardare, questo film sarà ricordato solo esclusivamente per gli (improbabili) oscar assegnati. Potrà mai passare alla storia? Sinceramente, credo di no. Ho il massimo rispetto per tutti quelli che fanno questo mestiere, perciò tralascerò la mia opinione sulla regista. Posso solo aggiungere che l'ho sempre capita poco. Perchè la poetica di un autore è sempre presente nelle sue opere. Tutti i film di quell'autore hanno lo stesso stile, quando non la stessa forma. Sono, al di là del soggetto, riconoscibili. Invece, almeno a me, la Bigelow appare sempre irriconoscibile. E questo non è sempre un merito. In The Hurt Locker, ad esempio, non c'è un soggetto. Seguiamo, attraverso un continuo blaterare di parole e luoghi comuni, una squadra di artificieri, che fa capo alla divisione in Iraq denominata Bravo Company. Il film, seguendo i diari di Mark Boal, sceneggiatore (?), mostra gli sconosciuti Renner e Mackie su tutti mentre disinnescano una bomba, avvistano un cecchino nel deserto, entra(no) in una casa dove uno spaurito professore invita a sedersi e la moglie (quella che davvero porta i pantaloni...?) li scaccia con rabbia, giocano a botte in caserma, infine provano (senza riuscirvi) a disinnescare un kamikaze pentito. Un finale mieloso (il soldato semplice Mackie) parla con un figlio - che forse non avrà mai, pur desiderandolo - dopo una visita al supermercato deserto (con la seconda presenza femminile del film, Evangeline Lily, otto  fotogrammi su widescreen...!) rende ancora più indigeribile la storia (?). Ciò premesso, la regia è nervosa, sciatta perfino, le azioni poco veritiere, i soldati sempre meravigliosamente sbarbati, le pallottole sono solo rumori (e solo qualche volta fiamme), le uniformi mai macchiate (anche queste, sempre uguali). Girato in Giordania, con tanto di ringraziamento al re nei titoli di coda finali, su scenari fasulli e con l'ausilio del cosiddetto green (o blue) screen, l'opera non emoziona mai, non commuove mai, non cresce mai. Un documentario, forse, sarebbe stato più incisivo. A memoria, nessuna scena epocale. Parziale, con un solo punto di vista (americano, s'intende), mai coinvolgente, in definitiva, The Hurt Locker è il cinema del futuro? Quello che cancella Avatar...? Mah. A proposito, come ha fatto a costare ben 11 milioni di dollari? 

Sulla trama

Alcuni giorni con la Bravo Company, una compagnia di artificieri che lavora in Iraq con il compito di disinnescare le bombe siano o meno sommerse.

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