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Ken il guerriero. La leggenda di Hokuto

Regia di Takahiro Imamura vedi scheda film

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La recensione su Ken il guerriero. La leggenda di Hokuto

di lao
8 stelle

La pellicola di Imamura denuncia con poderosa plasticità l’ambiguo messianismo che caratterizza oggi come nel passato uno stato d’animo diffuso nella società evidente anche nel cinema attuale dei superuomini redentori in tuta: l’uomo comune è destinato a perire per il suo egoismo, solo l’individuo eccezionale, missionario di Dio sulla terra, può, martirizzando se stesso, riportare pace e civiltà nel mondo; insomma la condivisione del potere è il male assoluto, una monarchia universale saggia e illuminata è il bene, la prima porta con sé l’anarchia della barbarie e la guerra per il brutale asservimento degli uni sotto gli altri, la seconda farà rinascere prosperità e felicità per tutti. Il manga di Buronson e Tetsuo Hara del resto disseppellisce l’epopea di una secolare tradizione di samurai, custodi fedeli degli antichi palazzi imperiali: il valore supremo sta nella tecnica di combattimento, custodita dalle scuole di Hokuto e di Nantu, ciascuna ha la propria stella protettrice nel cosmo, e la vittoria nel duello ai piedi della mostruosa piramide arride inevitabilmente ai puri di cuori, al nobile Kenshiro contro l’arrogante tiranno Sauzer. Tuttavia, per quanto allo spettatore, ignaro dei personaggi della saga fumettistica, molti dettagli sui loro legami restino oscuri, è percepibile la malinconia di un eroismo post-moderno, languido e irrimediabilmente infermo, ove la candida armatura di una valorosa fanciulla dal cuore sensibile e triste, Neira, infrange clamorosamente il codice d’onore della virilità: il campione vincitore ha l’aspetto di un colosso di muscoli alla Schwarzenegger ma le pieghe del volto disegnato rivelano l’anima angosciata di chi non potrà mai più riavere ciò che ha perduto e di chi dovrà vivere immerso in un universo devastato e disarmonico impossibile forse da decontaminare. La dissociazione fra fisicità dirompente e interiorità dimessa corrode la monumentalità dei fieri combattenti: la lotta di ciascuno è non tanto con il nemico, quanto con i fantasmi personali e con i conflitti irrisolti. Complementare alle virtù nelle arti marziali è il sacrificio delle tante vittime innocenti e nel privilegio del predestinato vi è il dolore della coscienza: persino la malvagia fenice di Nantu condannata a mai più risorgere dice al suo assassino” sono contenta che sia tu..”.Mio blog..http://spettatore.ilcannocchiale.it

Cosa cambierei

avrei cercato di rendere più chiari i rapporti fra i personaggi per chi non conosce la saga fumettistica

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