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Lawrence d'Arabia

Regia di David Lean vedi scheda film

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La recensione su Lawrence d'Arabia

di Decks
9 stelle

Thomas Edward Lawrence fu un personaggio a dir poco singolare: ancora oggi, viene ricordato per le sue imprese straordinarie e il suo temperamento ribelle nei confronti dell'esercito inglese di cui faceva parte; una figura divisa in due tra lato umanista e uomo d'arme. Un'accoppiata inconsueta che lo renderanno avvincente e seducente, sia nella storia che nella letteratura (con i "Sette Pilastri della Saggezza") e persino nel cinema grazie a David Lean.

 

Lean decide di portare sul grande schermo la storia di questo tenente, realizzando uno dei kolossal più riusciti della settima arte, che ancora oggi ha tanto da dire e da mostrare: basti guardare la prima scena, che mostra fin da subito l'incidente mortale di Lawrence. Tramite un montaggio serratissimo, si dà la giusta idea di pericolo imminente, in cui qualunque spettatore percepisce che possa accadere qualcosa di serio, a cui si somma il forte aspetto biografico del personaggio che per 3 ore ci accompagnerà sul grande schermo. Quell'indifferenza al pericolo che inizialmente è solo una scherzosa disubbidienza alla gerarchia, per poi diventare qualcosa di più serio.

 

La grandezza del film di Lean non sta nell'uso smisurato degli effetti speciali, ma nel trarre un'ispirazione sia poetica che politica delle vicende di Lawrence durante la campagna araba dell'Inghilterra.

Lawrence, come detto prima, ha una preparazione umanistica, un aspetto che tornerà continuamente durante il film. Come qualunque studioso, è affascinato da una cultura, in questo caso quella araba, che lo porta a immedesimarsi ben più di chiunque altro in questa civiltà: la passione con cui si muove nel deserto, non è fondata su intenti egoistici o fini bellici, al contrario, si muove e guarda con gli occhi di un letterato, ammaliato da tradizioni e vestiario di questi beduini, così divisi e così diversi dai popoli occidentali; proprio per questo, Lawrence è l'unico che possiede realmente nobili propositi, che uniti allo sprezzo del pericolo, ne fanno un uomo carismatico, costretto a muoversi tra imperi colonialistici e tribù ignoranti e bellicose.

Inutile dire che fallirà, ormai tutti conosciamo la storia, ma il suo fallimento non è una semplice interpretazione storica, è bensì la lenta caduta di un eroe tragico: il suo sogno dell'Arabia unita verrà frustrato e persino stuprato, fino a quel significativo schiaffo che farà crollare il suo ultimo barlume di speranza.

 

Lean aggiunge a tutto questo una moderna visione delle alte cariche governative: il disegno prestabilito dal Regno Unito non è tanto differente da quello Ottomano. Generali e diplomatici complotteranno continuamente per stabilire ipocritamente il controllo dell'Arabia, così da trarne grossi benefici economici. Persino il saggio Principe Faysal è mosso esclusivamente dall'ottenimento dei suoi scopi: il suo carattere pacato è solo una facciata per muoversi verso il controllo di quel territorio che tanto a lungo si disputano le numerose tribù, anch'esse composte da fuorilegge e uomini senza scrupoli, i quali preferiscono le razzie e gli odi tribali ad una gestione pacifica della loro nazione.

Lawrence, come il deserto che ama tanto, si muove di calda e istintiva umanità, incarnando uno degli ultimi eroi romantici: il suo spirito nobile non è più apprezzato nell'era moderna, ma solo strumentalizzato da un potere freddo e razionale che gli si contrappone e lo demolisce, non nel corpo, ma nell'anima di classicista.

 

Peter O'Toole

Lawrence d'Arabia (1962): Peter O'Toole

 

Non è solo la ricchezza di significato a fare del film di Lean un kolossal riuscitissimo, ma il grande spettacolo scenografico che riesce a creare John Box (artista premiato 4 volte per le sue scenografie).

Il deserto della pellicola è vivo sotto tutti gli aspetti: il vento, gli animali, le sabbie mobili e così via. Una ripresa minuziosa di tutti i momenti pericolosi o non di questo luogo, che risucchia vite nelle sue profonde dune o picchia di un sole impietoso. La mente di Lawrence, lentamente, somiglia sempre più a questo luogo impervio: una psiche arida e sconosciuta all'umana concezione, che assorbe con fermezza qualunque atto. Ripugnante, delittuoso o altruista che sia.

Indimenticabili le musiche di Jarre, destinate a rimanere nella storia, sia per i perfetti suoni e rumori che caratterizzano un ambiente desertico, sia i gridi e le impetuose cavalcate degli epici assalti delle tribù arabiche. Inoltre, la colonna sonora che accompagna Lawrence, è degna di essere ascoltata anche senza l'ausilio della pellicola, così amabile ed elementare, che ad ogni ascolto sarà impossibile non andare con la mente a immense distese aride e strepitosi paesaggi quasi avessimo fatto noi un viaggio in Arabia, anziché aver visionato un semplice film.

 

 

Unica nota dolente: la sceneggiatura. Può risultare complicata anche al cinefilo più accanito, ed ha una discontinuità non indifferente durante le avventure di Lawrence: in particolar modo dopo la prima metà e la conquista di Aqaba, il nostro eroe è costantemente sballottato in differenti location, con un debole filo logico che trattiene tutti i suoi innumerevoli peregrinare. Lo spettatore ne rimane scioccato e spaesato, fortuna che le bellezze fotografiche e il ritmo sostenuto dalle musiche servano a coprire in parte queste mancanze.

La sceneggiatura non delinea con sufficiente verosimiglianza i profili psicologici dei personaggi, finendo persino per accantonare tutti i secondari a favore di una perfetta riuscita di Lawrence: in questo caso, si può dire che, anche grazie all'allora sconosciuto Peter O'Toole, si sia riusciti a dare forma ad un personaggio memorabile e dalle mille sfacettature. Bravissimi anche Anthony Quinn e Alec Guinness: entrambi in forma, ma limitati da una sceneggiatura povera, che preferisce dare ampi spazi al protagonista che a coloro che gli stanno intorno.

 

Un cult che mette d'accordo sia critica che pubblico: spettacolo ottimamente orchestrato e realizzato da veri professionisti, che ci fanno immergere nella storia meglio di qualunque libro o documento, permettendoci quasi di viaggiare di persona nell'affascinante e misteriosa Arabia.

Una perfetta epopea, non fosse per le deludenti sceneggiature.

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