Regia di Cédric Klapisch vedi scheda film
È possibile raccontare Parigi? Cédric Klapisch parte dalla cartolina – quella con la Torre Eiffel, quella di Montmartre - e con il primo movimento di macchina ci scivola sopra, veloce e deciso, diretto altrove. L’idea che sostiene il suo ultimo film (dopo il successo di L’appartamento spagnolo) è ardua e ambiziosa: raccontare Parigi sfondando l’immagine, scavando negli scampoli folcloristici, cercando il movimento e i volti dietro le parole stanche con cui si racconta la capitale francese. E allora ecco intrecciarsi le storie di una decina di personaggi, dove ognuno incarna un aspetto tipico della città: i mercati generali e le sfilate di moda, il quartiere multietnico e la Parigi intellettuale, quella delle nuove costruzioni e quella delle catacombe. Per fare questo Klapisch è costretto a lavorare sugli stereotipi (l’intellettuale depresso, il ballerino malato di cuore, la studentessa che va a letto col suo professore) e spesso vi rimane impigliato. Senza una vera forza registica, senza il coraggio di affermare fino in fondo la propria identità, Klapisch cade nell’inganno della “bella inquadratura” e finisce per ricostituire l’elegante, leccato presepe parigino a cui siamo abituati.
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