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Il passato è una terra straniera

Regia di Daniele Vicari vedi scheda film

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La recensione su Il passato è una terra straniera

di mc 5
8 stelle

Dopo la stagione esaltante che ci aveva illuso ("Gomorra" e "Il Divo") che il cinema italiano fosse potente e meraviglioso, ecco che Ozpetek ci riportava, con un prodotto di rara bruttezza, coi piedi per terra. Con l'aggravante che il regista turco pareva aver fatto scuola, se pensiamo alle atmosfere del recentissimo (bruttino forte pure quello) film diretto da Maria Sole Tognazzi. Ma quando meno te lo aspetti...per fortuna arriva a risollevarci il morale quest'ultimo film girato da Daniele Vicari. Si tratta di una vicenda dura ed incisiva, che ha per protagonisti due giovani molto diversi fra loro, ma che, forse proprio in quanto complementari l'uno all'altro, finiscono con l'unire i loro destini in un cammino senza rete sul filo del rasoio verso la follìa. La prima parte del film è forse la più riuscita, quella che ci mostra l'incontro fra i due personaggi e il momento in cui essi vengono avvolti dall'eccitazione e stimolati da un'influenza maligna a desiderare tutto e subito, ad ogni costo. Ma mentre uno dei due si sente invincibile e sprofonda in un delirio di onnipotenza, l'altro avverte incrinarsi qualcosa in quel meccanismo chimico che aveva consolidato l'incrociarsi delle loro vite, e dunque vede vacillare la fiducia in sè stesso e nel suo compare. Sì, perchè i due uomini sono effettivamente molto diversi: uno è il diavolo tentatore, il Lucignolo che traghetta l'amico verso il Male, l'altro è un uomo che subisce per qualche tempo la fascinazione del lato oscuro dell'anima, abbagliato dalla luce attraente del Male, in un certo senso un uomo diviso a metà. E il fulcro dell'opera sta proprio nel mostrare la progressiva discesa verso l'Inferno di un giovane che percepisce il pericoloso fascino che può offrire l'idea di un'esistenza in cui egli, senza più oneri e pesi di qualsivoglia fastidiosa morale, si senta invincibile ed autorizzato a prendersi dalla vita qualsiasi cosa desideri, dalle donne agli oggetti. E' evidente che una situazione simile non può durare a lungo e infatti le vite dei due fatalmente si dividono, per poi ricongiungersi più tardi nel modo più doloroso e sbagliato, che ha tutto il sapore di una resa dei conti, dalla quale però entrambi non possono che uscire sconfitti. Dunque un finale tutt'altro che consolatorio, in linea con una pellicola percorsa da un vibrante pessimismo che assume toni drammatici e cupi. Alla fine bisogna riconoscere a Vicari di essere riuscito a rendere tutta questa negatività in modo credibile, e a mantenere una tensione e un malessere che contagiano lo spettatore e ne conquistano l'attenzione. Se la valutazione dell'opera è sicuramente positiva, lo dobbiamo soprattutto alle ottime performances dei due attori protagonisti. Di Elio Germano ormai cominciamo a non poterne più ...lo dico con affettuosa ironìa, visto che -assieme a Mastandrea- è ormai il "prezzemolino" di ogni nuova produzione italiana; e comunque è davvero eccezionale nell'esprimere quest'anima inquieta in cui si dibattono due nature differenti. Ma la vera rivelazione è il formidabile, quasi debuttante, Michele Riondino, giovane attore dall'evidente forte personalità, nonchè dotato di faccia interessante e di aspetto carismatico. Soprattutto all'inizio Riondino è bravissimo nel delineare quest'uomo dall'irresistibile fascino "criminale", così come è bravo nel progressivo aderire alla cupa tragicità degli eventi successivi. Se posso permettermi una lieve critica, forse avrei qualche dubbio su quel modo un pò incerto (poco indagato e chiarito, forse) di far affiorare ossessioni sessuali nel suo personaggio. Mi accorgo di aver tralasciato un aspetto assolutamente centrale del film: il tramite dei due ragazzi per raggiungere il successo è il gioco del poker, e buona parte del film si svolge sui tavoli di gioco delle bische. E per il sottoscritto è stato un pò come osservare gli animali rinchiusi dietro le gabbie di uno zoo, dato che quel mondo è quanto di più lontano esista dalla mia personalità, detestando io il gioco d'azzardo e non possedendo cognizione alcuna di poker. L'idea che mi sono fatto a giudicare dalle immagini del film, è che si tratti di un mondo popolato solo da balordi, in cui si assiste ad una strenua lotta fra chi è più sofisticato e "sveglio" nell'arte del barare, finchè fatalmente anche il baro più abile troverà chi lo inchioda al muro. Bell'ambientino, non c'è che dire. Se escludiamo una breve ma intensa parentesi spagnola che ha per teatro Barcellona e la sua "movida", il film ha come sfondo una Bari notturna e malavitosa, che si divide fra bordelli, cocaina, bische clandestine e corse in macchina nella notte. E al centro di tutto il denaro, motore di ogni azione. E' con piacere, poi, che mi ritrovo a segnalare per l'ennesima volta, la qualità di un colonna sonora scritta da Teho Teardo, musicista friulano già notissimo ai cultori della scena "indie" nazionale. A cavallo tra la pellicola di genere e il romanzo di formazione, un film tosto e dal gusto forte, diretto con mano sicura e coerente.
Voto: 8 e 1/2

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