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Hunger

Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film

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La recensione su Hunger

di maurizio73
8 stelle

Storia dei detenuti politici dell'IRA prigionieri di un carcere britannico Nord Irlandese nel 1981, anno in cui suscitò particolare clamore presso l'opinione pubblica internazionale la cosidetta protesta delle 'coperte' e della 'sozzura' (i detenuti rifiutavano le divise carcerarie coprendosi solo con un plaid di lana e rifiutavano di lavarsi ricoprendo le pareti delle celle con i propri escrementi). A questa prima fase di protesta contro l'intransigenza del governo tatcheriano segue un durissimo sciopero della fame che mieterà diverse vittime tra prigionieri e altrettanti morti tra gli ufficiali di polizia di sua maestà freddati dagli indipendentisti repubblicani.
Primo lungometraggio del videoartista britannico omonimo (ma solo tale) del grande attore americano, è in realtà una lucida e spietata testimonianza di una disperata intransigenza etica e di uno stadio residuale della condizione umana, il fronte più avanzato di una guerra senza quartiere in cui si concepisce il proprio corpo come lo strumento terminale di una strenua rivendicazione politica e civile.
Puntando sul rigore formale di una messa in scena scabra e sulla precisione geometrica dei movimenti di macchina (calibrati piano sequenza, simmetria delle inquadrature fisse, alternaza di piani medi e primi piani) l'autore ci conduce nei meandri di un inferno claustrofobico dove il sogno libertario dei suoi disperati abitanti è un miraggio remoto e quasi impalpabile, la pura astrazione formale di conscienze assuefatte alla lotta ('sa di merda ...ma ci si abitua a tutto!') e che gravita attorno a questo microcosmo di miserie e indicibili sofferenze come il simbolo immanente di un inconfessabile ideale politico. Nel cotrasto tra il dentro e il fuori (dal carcere), tra vittime e carnefici, tra i segni di una violenza che colpisce tanto i reclusi che i loro impietosi aguzzini si manifestano i sintomi di una disperazione sociale che avvelena irrimediabilmente la civile convivenza degli uomini, che instaura un oppressivo clima di sospetto e di paura, che degrada la condizione umana fino ai termini più abietti di una fisicità fatta di 'sangue e merda'. Film compatto e dialetticamente perentorio esprime una mirabile sintesi del suo discorso politico più con la forza impietosa delle immagini che con la retorica dei dialoghi mostrando una perfetta simmetria tra la prima, lunga parte di una protesta 'della sozzura' e una seconda parte di inesorabile deperimento fisico (hunger) del suo radicale protagonista (uno straordinario  Fassbender) attraverso il raccordo narrativo di una serrata confessione ideologica tra le anime divergenti di una 'liturgia della liberazione' (espiazione?), tra un cinico e disilluso confessore e la ineluttabile determinazione di un leader carismatico deciso ad immolarsi per il suo ideale laico. Latamente critico verso la scomoda presa di posizione della chiesa cattolica (la messa inascoltata, la bibbia 'fumata', le recriminazioni sociali del cappellano dedito al'business delle anime') si chiude idealmente nel contrasto tra gli slanci libertari di una poetica onirica (il volo d'uccelli nel blu crepuscolare di una 'notte americana') e il freddo nichilismo di un cadavere che viene traspotato all'esterno, chiuso per sempre fuori da un carcere da cui l'uomo (ed i suoi ideali) non sarebbero mai più usciti. Vincitore della Caméra d'or per la miglior opera prima del 61º Festival di Cannes.

 

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