Espandi menu
cerca
Hunger

Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Davide Schiavoni

Davide Schiavoni

Iscritto dal 10 dicembre 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 2
  • Post -
  • Recensioni 70
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Hunger

di Davide Schiavoni
6 stelle


1
Analisi testuale e testarda

(In collaborazione con Orietta Anibaldi, Mauro e Fabio Lanari). Numerosi sono i pregi di Hunger: l'analisi ampliata, degna di Greenaway ne Lo Zoo Di Venere, alla fragilità e decomposizione esistenziali, non solo dell'uomo ma anche degli animali e degl'insetti (il puledrino e la mosca); l'estensione alle stesse guardie carcerarie dello statuto ontologico di prigionia; l'esplicita quanto trasversale condanna della maternità: il secondino che viene ammazzato infradiciando di sangue sua madre e l'immagine insistita della genitrice di Sands che s'abbiocca al capezzale del figlio.
Ma questi pur notevoli pregi non ne possono o devono occultare i difetti altrettanto rilevanti. La poetica di McQueen racchiude infatti anche un elemento stridente: il distinguo fra i cristiani doc, capaci dell'imitatio Christi fino al martirio e al martirio da emulare, e la casta sacerdotal-ecclesiale, che da sempre tradirebbe il messaggio evangelico. Io direi: e per fortuna, nel senso ch'è meglio predicar male e razzolar bene piuttosto del contrario. In altri termini, è almeno dal Settecento illuminista e deista che si cerca di proporre Gesù come modello di virtù esemplari opponendolo alla cloaca dei suoi presunti falsi seguaci, da Paolo alla cricca dei clerici. Invece a esser marcio è soprattutto il confronto fra BS e il prete. Se il film vuole affiancare alla pars destruens della denuncia una pars construens cristofilica, allora passa dalla padella alla brace. La croce della religione del Crocifisso non è marginale e accessoria a quest'ultimo, bensì strutturale e costitutiva: ha un valore in sé, anzi ne è il valore supremo. "Non esistono santi senza santificatori": parola di padre Pio, che giustificava come necessaria qualsiasi persecuzione mirante all'"esercizio delle virtù eroiche", in primis proprio quelle provenienti dai pastori della Chiesa Romana.

2 Analisi con-testuale e contestatrice

Ciò che McQueen guadagna in potente veemenza critica, lo perde eliminando l'aspetto ludico caratteristico del suo più anziano connazionale. Non che giocare fra un belly simbolicamente in metastasi e le bells romane che suonano a morto, o fra l'order/complexity from noise e il picchiettatore dei nose scultorei, tanto quanto fra lo Spica protagonista del film successivo e lo Speaker dell'io narrante, possano risolvere chissà cosa. Tuttavia Greenaway espone almeno in abbozzo la teoria salvifica d'una pars construens quale gioco non più al massacro: il gioco come espressione di vitalità senza sforzo, energia senza energheia/ergon/lavoro, esistenza senza fatica o sacrificio, edonismo sano, salutare, santo, epifania della "sola gratia", non più agonico agone ma nietzscheana gaia scienza per l'appunto schillerianamente ludica.
Altrimenti ha ragione la voce off thatcheriana: i Bobby Sands gravitano ancora nell'orbita di quel che intendono estinguere, continuano a usare la violenza sebbene non dirigendola più contro gli altri, sadicamente, ma verso sé stessi, masochisticamente. Ecco spiegata tutta l'iconologia da via crucis del film di McQueen. Eppure c'è gioco e gioco, e sin qui ne sono state trovate solo forme dannose e deleterie proprio poiché sempre e comunque s/m. È infatti possibile che l'azione ludica degeneri e si perverta nel preciso istante in cui il role playing infantile viene piegato e impiegato verso l'imitatio patris et matris funzionale a trasmettere la maledizione familiarista.

3 Analisi pre-testuale e pretestuosa

La psicoanalisi ha fornito del terzo capitolo della Genesi e della Bibbia tre diverse interpretazioni nient'affatto autoescludentisi. Un imprinting materno prenatale, dove le teofanie edeniche della voce e dei passi divini non sarebbero che la memoria della voce e del battito cardiaco della gestante; la mela tentatrice come ricordo neonatale dell'allattamento al seno e dello svezzamento; mela e serpente come metafore della sessualità puberale, adulta, genitale e già genitoriale. Insomma l'intera vicenda edipica, dal suo sostrato fusional-simbiotico più arcaico e biologico all'epilogo educativo e socioculturale prima diadico e poi triadico che irrompe col passaggio dal desiderare la madre al desiderare il desiderio materno. Finché non si riesce a emancipare il gioco da questa precisa finalità, resta possibile che si sperperi l'unica chance a nostra disposizione.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati