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La classe - Entre les murs

Regia di Laurent Cantet vedi scheda film

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La recensione su La classe - Entre les murs

di mc 5
10 stelle

Non è facile per me affrontare questo film, per una serie di motivi che spero di riuscire a spiegare. Forse anche il fattore anagrafico gioca la sua importanza, nel senso che forse chi come me ha perfino superato l'età del professore protagonista vede le cose in un certo modo, mentre chi è giovane (magari studente di liceo) ha tutto un altro punto di vista. La Scuola è un tema importante, forse "IL" tema, perchè è da lì che si formano le mentalità, le attitudini, i ragionamenti, la percezione della realtà e qualche altro centinaio di cose degli adulti di domani, ai quali verranno affidati i destini del mondo. E chi come il sottoscritto si è formato in una Scuola di qualche era geologica fa, ha qualche problema anche solo ad immaginare come sia cambiata a livelli epocali la Scuola stessa ma anche le modalità d'approccio verso l'apprendimento da parte dei giovani. E non è mica solo questione di telefonini e PC. Prima di entrare nel merito del film, lasciatemi fare una considerazione talmente naif da vergognarmene: la sola occasione che mi è rimasta di contatto con la scuola si verifica ogni mattina quando, recandomi al lavoro, incrocio orde di di giovani studenti che si avviano verso le rispettive aule. E devo ammettere che mi sento una specie di arnese preistorico quando osservo tali varietà di abbigliamenti, di accessori e di stili da farmi impallidire se ripenso ai "miei tempi": nei quali (tempi) sarebbe stata pura fantascienza immaginare di varcare le soglie di un'aula con certi "kit" estetici comprendenti orecchini, tatuaggi, piercing e borchie (certe volte mi chiedo se stiano andando ad un concerto hardcore o a un meeting hip hop piuttosto che a Scuola!!!). Vabbè, ma io mica sto facendo l'oscurantista, sto solo confessando a me stesso che la Scuola oggi dev'essere proprio diventata un altro pianeta. D'altronde io ho poco da vantarmi, se penso che a scuola mi imbottirono di nozioni delle quali il mio cervello ha trattenuto ben poco (per dire: il mio inglese è andato a farsi benedire e un'equazione manco so più che roba sia). Ma (e qui abbandono le facezie e mi faccio serio) la Scuola non è solo nozioni. E' anche -e soprattutto- formare cittadini consapevoli e civili, che sappiano rapportarsi con i principi del buon senso verso tutto (e tutti) ciò che li circonda. Sono uscito dalla sala con un vago senso di delusione, soprattutto se comparato al plebiscito clamoroso di tutta la critica che ha eletto il film a capolavoro. Qualcosa non mi tornava. Ma dopo mi è capitato di rifletterci parecchio su, e ciò che ha originato i miei dubbi si è trasformato in punto di forza del film, modificando radicalmente le mie prime impressioni parzialmente negative.
Considerando la lunga durata del film (128 minuti in una stessa location scolastica) è fisiologico che affiori qualche attimo di noia, ma non è questo il punto. Il problema è che a parte gli spavaldi ragazzini che spadroneggiano lo schermo da attori consumati, tutto il peso dell'opera si regge sulle spalle di un'unico mattatore, Francois Begaudeau, che impersona praticamente sè stesso offrendo una performance memorabile, ma anche faticosissima e difficile. Durante la proiezione pensavo al monologo di un attore teatrale professionista che praticamente occupa la scena dal primo momento all'ultimo, e sempre con estrema misura, senza mai eccedere e senza parlarsi addosso (infatti in Italia nello stesso ruolo ci avrei visto bene un Marco Paolini). Lo dico per quei pochi che ancora non ne sono al corrente, ma Monsieur Begaudeau di mestiere fa il professore di lettere in un liceo collocato nella periferia parigina, con tutto il corollario di multietnicità che si può immaginare e con tutti i problemi culturali annessi facilmente intuibili, a partire dall'impossibilità di tenere sotto controllo (scolastico) dei ragazzi estremamente vivaci ed inquieti. Acclarato che i giovani attori non professionisti si sono espressi liberamente e pare nemmeno abbiano letto un copione, eppure ho colto qua e là qualche piccola forzatura di sceneggiatura, del tipo che la caratterizzazione da "bastian contraria" rivestita dalla ragazza di colore sconfina leggermente nel macchiettistico oppure che l'avvenuta lettura privata de "La Repubblica" di Socrate da parte dell'alunna piu' fieramente ignorante (col fine evidente di spiazzare professore e spettatori) mi appare un inverosimile e forzato espediente narrativo. Ma sono solo piccoli nei, peraltro discutibili, all'interno di un'opera che possiede un enorme pregio: quello di essere -in ambito di filmografia sulla scuola- assolutamente originale, non catalogabile, tutt'altro che consolatoria e, anzi, istigatrice di dubbi ed incertezze preoccupanti, il che è riscontrabile in un finale più aperto che mai. Per inciso: dimenticatevi le decine di film (per lo più americani) che avete visto sui professori solitari alle prese con classi difficili che i professori medesimi, attraverso un processo difficile, riescono a "domare"e a trasformare in amici riconoscenti...No, qui non esiste nulla del genere. Qui si è scelta una strada molto più tortuosa e complessa ma infinitamente più realistica, perchè denuncia l'impossibilità fisica di gestire certe situazioni, con tutto il dolore e la frustrazione che ne derivano per il corpo docente. Il film parte in modo classico, con un professore che crede nei propri mezzi e, al contrario dei colleghi ormai rassegnati, è ancora convinto che le proprie doti di comunicatore lo aiuteranno a tenere in pugno una classe di elementi così poco gestibili. Ma di giorno in giorno i problemi aumentano e il professore realizza un paio di cose: A) le sue risorse -sia umane che professionali- non risultano sufficienti di fronte a quel fiume in piena di domande assurde, di dispetti infantili, di anarchia spicciola, di micro prepotenze B) fra quelle testoline matte si annida, magari in modo scomposto e arruffato, un'enorme ricchezza di umanità e di concretezza, collocate spesso in ambiti famigliari difficili e in situazioni complesse. Come a dire che in fondo non è tutta colpa loro se quei ragazzi sono "così", è il mondo a renderli "così"...e un insegnante da solo può cambiare il mondo? Evidentemente no, e allora ci si accontenta di tentare perlomeno un dialogo. E infatti il film termina con un finale "sospeso", che può anche vagamente turbare lo spettatore, ma in fondo è giusto che sia così, mica si possono sempre regalare "zuccherini" al pubblico...La fine della pellicola coincide col termine dell'anno scolastico, fra l'euforia e la gioia di tutti per le vacanze in arrivo, ma tutto lascia supporre che fra un paio di mesi i problemi saranno gli stessi o forse ancora di più. L'importante è che il professore, avendo avuto modo di misurare i propri limiti e le proprie possibilità, continui a dare il massimo, ad impegnarsi a mantenere il controllo di sè, senza più commettere l'errore (già fatto in precedenza) di raccogliere certe sfide malevole e dispettose dei ragazzi, che porterebbero solo ad un muro contro muro che non gioverebbe a nessuno. Non è un film facile nè comodo e infatti il suo pregio è quello di aderire perfettamente ad una realtà che non è facile nè comoda. E sarei davvero curioso di sapere da chi fa il mestiere di insegnante come avrebbe reagito e come si sarebbe comportato, non tanto alle prese con dei "piccoli criminali" (sia chiaro che lo dico con ironìa e con affetto) quanto soprattutto di fronte a quel tenero ed impagabile "outing" finale di quella ragazza nera che confessa all'insegnante di non capire assolutamente nulla di ciò che ogni giorno gli viene detto da quella cattedra. Nello sguardo imbarazzante e tenerissimo di quella ragazzina c'è un intero universo di domande senza apparente risposta sul senso che la Scuola ha oggi, soprattutto in relazione non solo agli ultimi della classe, ma anche agli ultimi della Società e agli ultimi del Pianeta. Meraviglioso ibrido tra fiction e documentario, che trasuda per oltre due ore autenticità e verità. Un applauso dunque a Laurent Cantet che ha diretto, a quel mostro di pazienza e comunicatività del protagonista, e soprattutto a questi 24 alunni che, cogliendo evidentemente una situazione propizia all'improvvisazione, hanno rappresentato sè stessi in modo mirabile.
Voto: 10

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